TikTok ha depositato al tribunale di appello l’ultimo documento a sostegno della denuncia presentata contro il governo degli Stati Uniti per chiedere l’annullamento della legge che impone la vendita entro un massimo di 12 mesi. Secondo l’azienda cinese, le accuse del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sono basate su errori fattuali.
TikTok è protetta dal Primo Emendamento
TikTok sottolinea che il governo vuole chiudere una piattaforma usata da oltre 170 milioni di utenti statunitensi. Il Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act impone in realtà la vendita entro il 19 gennaio 2025, ma il ban sarà inevitabile se il giudice non bloccherà la sua applicazione.
L’azienda cinese afferma che le accuse sono basate su due principali errori fattuali. Contrariamente a quanto sostenuto dal Dipartimento di Giustizia, l’algoritmo che suggerisce i video non viene controllato dal Partito Comunista Cinese. Inoltre, i dati degli utenti statunitensi sono inviati al governo cinese. Da ciò deriva il presunto pericolo per la sicurezza nazionale.
TikTok scrive nel documento che il codice dell’algoritmo dei suggerimenti e i dati degli utenti sono conservati negli Stati Uniti sui server gestiti da Oracle. L’azienda cinese contesta anche l’affermazione del Dipartimento di Giustizia, secondo la quale TikTok non può avere la protezione del Primo Emendamento della Costituzione perché è un’entità straniera. Quindi nemmeno Politico e Business Insider (di proprietà dell’editore tedesco Axel Springer) non dovrebbero avere la protezione costituzionale.
Le prime udienze del processo d’appello inizieranno il 16 settembre, ovvero prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre. Entrambi i candidati (Donald Trump e Kamala Harris) usano TikTok durante la campagna elettorale.