La situazione è tutt’altro che allegra: sul mercato dell’ICT mondiale spira un vento recessivo di cui ormai non si fa più mistero, legato alle difficoltà dell’economia statunitense e al fatto che le locomotive cinese e indiana ancora non sono a pieno regime. C’è persino chi parla di “nuovo 2001”, dando uno sguardo alla sequela di licenziamenti e ristrutturazioni che stanno investendo soggetti del settore costretti a correggere la rotta.
Non ha dubbi Paul Kedrosky , guru del capital venture intervistato da Wired in questi giorni: “Il mercato tecnologico capitombolerà con la recessione. Molte aziende del settore, come Google, Apple e Amazon, sono le società che più dipendono dai consumatori nella storia della tecnologia. Al contrario delle recessioni precedenti, la (riduzione della) spesa dei consumatori è destinata a colpire duramente queste aziende. Questo è il motivo per il quale vediamo così tanto nervosismo attorno a Google e Apple”. I numeri per ora danno ragione a chi parla di rallentamento. Il Nasdaq Composite, l’indice finanziario che raccoglie i più importanti titoli tecnologici, dal 31 ottobre ad oggi ha perso quasi 20 punti, e il calo del valore ha colpito non solo il già chiacchierato Yahoo, ma anche colossi con le spalle molto larghe, come IBM (giù dell’8 per cento) e Cisco (giù del 24).
Della situazione Punto Informatico ha parlato con Luca Ciarrocca , direttore di Wall Street Italia , tra i principali siti di informazione finanziaria in Italia e naturalmente attento osservatore delle dinamiche internazionali e nazionali. “Non sono tanto i mercati finanziari a preoccupare, che vanno considerati uno dei tanti indicatori di business – spiega a PI – quanto piuttosto l’andamento effettivo dell’economia reale”.
Gli indicatori parlano chiaro: nell’ultimo trimestre 2007 il PIL statunitense è salito dello 0,6 per cento, un dato che ricorda molto più l’Italia che il dinamico +4,9 per cento segnato nel trimestre precedente. “I prossimi due trimestri – spiega Ciarrocca – saranno molto probabilmente negativi. Cio’ comporta un forte rallentamento non solo in America, ma in tutte le economie mondiali”. Un parziale salvataggio arriva da Cina e India, un cuscinetto asiatico che però non basta. “Se non fossero India e Cina a tirare – continua il direttore di WSI – saremmo tutti pesantemente nei guai”.
E l’Italia? Sebbene si parli di una ondata negativa “leggermente attenuata”, il Belpaese non sfuggirà: “La conseguenza principale sarà un calo dei consumi, anche in Italia. E il settore tecnologico non ne sarà esente, né a livello di investimenti in IT delle aziende, né a livello di consumatori privati. Il livello di fiducia in Italia risulta già, secondo i dati di gennaio, ai minimi assoluti degli ultimi 10 anni”. Gli esempi a supporto di questo quadro del momentaccio non mancano: “Basta vedere cosa è successo giovedì 31 gennaio a Google, uno dei benchmark in borsa del settore high-tech. Il titolo GOOG era in ribasso quasi -10% a Wall Street, dopo che il motore di ricerca n.1 del mondo ha riportato risultati trimestrali deludenti, con profitti e fatturato al di sotto delle aspettative degli analisti, dopo anni di crescita boom ininterrotta. A conferma appunto che il rallentamento economico USA si farà sentire anche sul web e sull’online shopping”.
Meno consumi, fiducia sotto le scarpe, gli operatori puntano sulla prudenza, in ballo ci sono i numeri della pubblicità online . “I numeri di Google – continua Ciarrocca – dopo quelli molto deludenti del rivale Yahoo, suggeriscono che l’uso del web potrebbe rallentare, proprio perché l’economia americana e mondiale sono in frenata. Cio’ potrebbe ridurre la domanda per la pubblicità online, maggior componente del fatturato dell’azienda di Mountain View, in California. Lo stesso discorso è valido per altri colossi del settore high tech, come Apple (il cui titolo ha perso circa -30% dai massimi), Cisco, etc etc”. Anche per l’Italia, conclude Carroccia, “lo scenario volge al peggio”.
Per l’Italia, d’altro canto, i problemi non si chiamano solo “rallentamento statunitense”. Lo aveva già scritto anche il presidente di IAB Italia Layla Pavone sul suo blog tirando le somme del 2007, un anno che pure ha visto crescere e non poco la pubblicità online, essenziale per moltissimi servizi che plasmano l’ esperienza online: “Perché il mercato della pubblicità online si imponga con decisione, molto resta da fare o da rifare in ambiti che sono a monte e a valle dello sviluppo del nostro Paese, nel quale la pubblicità riveste un ruolo importante ma che è indissolubilmente legata alla crescita delle aziende, che invece lamentano una stasi come non si era mai vista negli ultimi 50 anni, alle politiche economiche di investimento nelle nuove tecnologie”. “Siamo in un Paese – scriveva Pavone – che soffre di arretratezza, di incapacità di evolversi, perché ingessato da mille lacci e lacciuoli. Un Paese dove è difficile vedere vincere chi ha merito, dove è difficile oggi pensare che esista una giustizia ed il rispetto delle regole, dove nonostante ci sia la totale consapevolezza che qualcosa, anzi gran parte delle cose non funzionano, non accade nulla o quasi affinché si cambino”.
In tutto questo, naturalmente, si innestano le grandi manovre di Microsoft per competere al meglio con Google, manovre che si fondano sul complicato momento vissuto da Yahoo, destinato forse a giocare il ruolo di ago della bilancia in uno scontro tra titani che al centro pone prima di tutto, e non è un caso, la pubblicità online.