Verizon Wireless è il maggior operatore di telefonia cellulare degli Stati Uniti. Con 62 milioni di consumatori e 38 miliardi di dollari di entrate annuali, la joint venture tra Verizon Communications e Vodafone Group vede transitare sulle proprie linee molte informazioni interessanti. Dati che potrebbero presto finire ad alimentare i business della pubblicità spontanea che tanto somiglia allo spam via posta elettronica, visto che il carrier ha deciso di modificare i termini del contratto e mettere tali dati a disposizione di terzi .
Non si tratta, apparentemente, di comunicare informazioni sensibili quali numero di telefono, nome, indirizzo e cose del genere, ma di girare a terzi le informazioni contenute nel cosiddetto Customer Proprietary Network Information ( CPNI ). CPNI è in pratica una sorta di catalogatore telefonico silente e implacabile , che mantiene tutti i dati sulle chiamate registrati dall’operatore, inclusi la durata, la data, l’ora, il numero di destinazione, il tipo di contratto e i servizi accessori e altre informazioni che appaiono mensilmente in fattura.
Una vera e propria miniera di informazioni, che Verizon Wireless vuole ora condividere con “i nostri affiliati, agenti e società madri (inclusa Vodafone) e le loro sussidiarie”. Non si parla quindi, o almeno non ancora, di vera e propria cessione dei dati sensibili a società diverse da quelle già operanti intorno al carrier . Al di là di questo, Verizon fa comunque sul serio: tutti i suoi consumatori verranno inglobati nell’iniziativa , a meno che non facciano pervenire il proprio diniego alla società attraverso un meccanismo di opt-out , con una telefonata al numero telefonico appositamente predisposto allo scopo.
Senza l’intervento diretto da parte dell’utente, Verizon interpreterà la mancata comunicazione come silenzio-assenso nei confronti della nuova policy di gestione dei dati. Che cosa poi voglia farci in concreto, almeno per ora, è materia di congetture: secondo alcuni potrebbe essere l’inizio di un nuovo programma di advertising mirato , per quanto Verizon pretenda di usare le informazioni dei registri CPNI per migliorare i propri servizi e null’altro.
Ars technica sostiene che, sebbene la cessione a terzi sia da escludere, è praticamente scontato l’impiego di tali informazioni per la costruzione di un sistema pubblicitario analitico e strutturato ad uso interno . I dubbi ad ogni modo rimangono e Verizon non aiuta a fugarli: non accenna ancora a piani precisi riguardo lo sfruttamento del “tesoretto” informativo che si ritrova in casa.
Alfonso Maruccia