Washington (USA) – Le autorità americane stanno cercando di minimizzare la portata di uno scandalo emerso in questi giorni grazie ad Associated Press . Per dirla in poche parole: da quattro anni l’ Homeland Security Departement tiene traccia di chi parte e chi arriva negli Stati Uniti, raccoglie dati sui suoi comportamenti e sui suoi acquisti e poi li condivide con terzi. Non solo forze di sicurezza su suolo americano ma anche certi privati.
Il risultato di questo monitoraggio, come evidenzia Autistici/Inventati , è la determinazione per ciascuna persona in arrivo di un terror score , una sorta di termometro che indica quanto la persona è vicina o lontana a rappresentare un “rischio terrorismo”.
E c’è di più. Sulla base del terror score vengono prese decisioni sulla personalità del soggetto e, ad esempio, sul suo diritto o meno di circolare negli USA. Quale sia il proprio terror score e da cosa sia determinato, al soggetto non è dato di saperlo.
Il giochino, interamente basato su un monitoraggio informatizzato , si chiama Automated Targeting System , ATS per gli amici, un sistemino che fino a qualche giorno fa gli esperti di privacy e sicurezza credevano si limitasse al controllo dei cargo e che invece, grazie ad alcune rivelazioni di fine novembre, ora si scopre essere esteso ai passeggeri in carne ed ossa.
Per determinare lo “score” di ciascuno, ATS registra una serie di informazioni, ad esempio come si è acquistato un certo biglietto aereo, quali sono stati i viaggi effettuati in passato, con che automobile si gira, quale posto si è scelto in aeroplano. Nel calderone finiscono anche dettagli apparentemente insignificanti, come cosa si è mangiato a bordo . Secondo una nota diffusa dal Department, ATS “è uno dei sistemi di targeting più avanzati al mondo”, capace di individuare criminali ed altre minacce e senza il quale la sicurezza “sarebbe messa seriamente a rischio”.
“Ancora una volta – scrive l’esperto di sicurezza Bruce Schneier – veniamo giudicati in segreto, da un algoritmo informatico, senza avere la possibilità di conoscere il nostro score o di contestarlo. Kafka ne andrebbe fiero”.
Non solo ATS registra tutti questi dati ma il governo americano intende conservarli per 40 anni , ufficialmente per combattere il terrorismo. Come se non bastasse, i dati raccolti da ATS possono essere condivisi con autorità locali e con altri governi , possono essere utilizzati per determinare se assumere o no del personale o se fornire o meno una certa licenza o un dato livello di sicurezza. Possono influire sulle forniture alla pubblica amministrazione e in certi casi i dati possono essere trasferiti a tribunali, al Congresso e, in determinate condizioni, persino a committenti privati, esperti, consulenti e addirittura studenti. A tutti, insomma, ma non alle persone coinvolte.
“È incredibile – dichiara al Washington Post Patrick Leahy, chairman della Commissione del Senato americano sulla Giustizia – che l’amministrazione Bush voglia condividere queste informazioni con governi stranieri e persino con aziende private mentre al contempo rifiuta ai cittadini americani di vedere o confutare questi terror score”. Secondo l’influente parlamentare, tutto questo “mette in luce il rischio di un uso governativo della tecnologia capace di condurre ad una sorveglianza ampia delle nostre vite senza salvaguardie specifiche per la privacy”. A scandalizzarsi, tra gli altri, anche Electronic Frontier Foundation . David Sobel, uno dei legali di punta della celebre associazione, sottolinea come “il governo si stia preparando ad assegnare a milioni di cittadini rispettosi della legge degli score di rischio, a cui saranno associati per l’intera propria vita. E se questo non spaventasse abbastanza, nessuno di noi avrà la possibilità di conoscere il proprio score o di metterlo in discussione. Homeland Security deve posticipare la creazione dei profili e consentire che si apra un dibattito pubblico ampio su questa proposta inquietante”.
EFF ne parla come di qualcosa che dovrà entrare in funzione mentre AP , come accennato, descrive ATS come un sistema ormai attivo da quattro anni. EFF in questo senso fa riferimento alla nota del Department secondo cui il sistema è operativo dal 4 dicembre. Sia come sia, non cambia il giudizio di merito dei vari esperti intervistati dalle agenzie: lo stesso Sobel ne parla come “probabilmente il sistema più invasivo che il governo abbia mai implementato per quanto riguarda il numero delle persone coinvolte”.
Secondo Barry Stehinardt della American Civil Liberties Union “mai prima nella storia americana il nostro governo si è messo al lavoro per creare una classificazione di rischio per i propri cittadini”.
A gettare acqua sul fuoco ci ha provato un funzionario degli uffici di frontiera americani, Jayson P. Ahern, secondo cui ATS consente l’individuazione di persone che i normali sistemi di sicurezza non hanno individuato ma serve soltanto quale supporto dell’attività di contrasto già messa in essere dagli agenti di confine.
Nella propria nota, il Dipartimento americano spiega che “un individuo può non sapere perché vengono effettuate ulteriori indagini su di lui, né dovrebbe saperlo”. “Non rimpiazza il giudizio degli agenti”, spiega Ahern, quando si deve decidere se consentire ad un passeggero di entrare negli Stati Uniti, se rimandarlo a casa, fermarlo per accertamenti o sequestrargli il portatile . “Se così si riesce a catturare anche solo un terrorista potenziale, allora è un successo”, ha dichiarato Ahern. Un’affermazione che Schenier bolla come “talmente stupida” da non valere neanche una risposta.
Ahern aiuta comunque a chiarire qualcosa sull’effettiva operatività di ATS. A quanto pare il sistema di monitoraggio dei cargo dopo l’11 settembre 2001, il giorno dei gravissimi attentati di New York e Washington, è stato via via esteso con richieste di informazioni trasmesse alle compagnie aeree, con un più stretto monitoraggio delle automobili in entrata e in uscita e con dati che riguardano anche i passeggeri che dal Canada arrivano in treno. Da qui alla situazione attuale, in cui grazie ad un unico database “intelligente” si intende tenere traccia di molti più dati, organizzandoli e mantenendoli per 40 anni, il passo appare “breve”. Al Washington Post una fonte interna del Dipartimento, che rimane anonima, ha ammesso di non sapere se il Congresso sia a conoscenza di questa “estensione” del progetto e ha confermato che non è stata autorizzata per via legislativa.
La notizia sta, com’è ovvio, facendo il giro della blogosfera negli Stati Uniti, sebbene non solo i cittadini americani finiscano sotto il grande orecchio dell’Homeland Security, e qualcuno riassume la situazione: i cittadini sono oggetto di una indagine senza saperlo, hanno un terror score che non possono conoscere, devono provare agli agenti di frontiera di non rappresentare una minaccia, le informazioni su di loro sono conservate per decenni dalle autorità americane.