Secondo il Comitato Internazionale delle Croce Rossa ( ICRC ) potrebbe essere auspicabile estendere il diritto internazionale che regola i conflitti ai videogame ambientati in scenari di guerra .
L’istituzione svizzera, impegnata nella promozione del diritto internazionale umanitario con particolare attenzione per le vittime dei conflitti armati, starebbe guardando al diritto internazionale per valutarne l’applicabilità a diversi livelli ed eventualmente spingere gli sviluppatori di videogame ad aderirvi, o i governi a regolare il settore dei wargame conformemente ai trattati stipulati.
ICRC si riferisce in particolare alle Convenzioni di Ginevra: una serie di trattati e protocolli risalenti al 1949 e che regolano il trattamento dei prigionieri, dei civili e dei feriti nel corso di una campagna di guerra.
Tra i crimini rilevati nei trattati, l’eccessiva violenza, la cattura di ostaggi e la tortura: tutto questo dovrebbe trovare applicazione anche nei confronti delle vittime digitali , o almeno nei confronti delle coscienze dei loro carnefici dietro il controller .
L’indagine avviata da ICRC, peraltro, prende spunto da uno studio condotto da due organizzazioni per i diritti umani svizzere, Trial ( Track impunity always ) e Pro Juventute , in cui si metteva in luce come molti dei giochi di guerra sul mercato conterrebbero azioni che nel mondo reale violano il quadro normativo internazionale , così come l’etica). Oltretutto, lascerebbe i protagonisti-colpevoli sostanzialmente impuniti.
Già in quella occasione si era specificato di non cercare la censura, ma la collaborazione con gli sviluppatori per evitare in futuro tali derive poco educative.
Così, anche ICRC non punterebbe alla censura, ma a lavorare con gli sviluppatori per contrastare gli aspetti meno educativi degli attuali videogame di guerra.
Claudio Tamburrino