Videogame, ovvero mezzo di comunicazione e intrattenimento digitale in continuo divenire, nei contenuti così come nella confezione e nel dibattito tra addetti ai lavori o meno. Tra i publisher più attivi nel rinnovare la confezione che contiene la sostanza dei giochi elettronici c’è senz’altro Ubisoft , che non contento di aver scatenato un’autentica tempesta di polemiche e reazioni con la sua discussa (e inutile ) protezione DRM “always-on” dice ora di voler eliminare in maniera definitiva i manuali cartacei .
A partire dalle sue prossime “release”, la multinazionale francese intende fornire ai consumatori nient’altro che il disco del gioco con manuale integrato (apparentemente nell’interfaccia del gioco stesso) in formato elettronico. La nuova prassi (già adottata in campo PC) verrà introdotta per i giochi PS3 e Xbox 360 con il titolo Shaun White Skateboarding di prossima distribuzione.
Grazie all’eliminazione del manuale cartaceo di ogni gioco, dice ancora Ubisoft, sarà possibile riconsiderare anche il package vero e proprio della versione retail del prodotto offrendo una confezione ricavata a partire da materiale in polipropilene riciclato al 100%. La casa d’oltralpe prova insomma a proporre la sua nuova uscita come ecoconsapevole ed eminentemente “verde”, situazione che agevolerà in primo luogo il publisher grazie al risparmio dei costi connesso alla mancata stampa di un pur striminzito e limitato manualetto di istruzioni in carta e spillette.
L’iniziativa, che per il momento non riguarderà il mercato dei giochi per console portatili (DS e PSP) né Nintendo Wii, non ha mancato di suscitare discussioni e brontolii tra chi, videogiocatore poco “casual” con più di qualche anno di pratica alle spalle, ancora ricorda con affetto l’epoca in cui i manuali erano una parte importante dell’esperienza ludica e invece del (sovente fastidioso e superfluo) tutorial integrato nel gioco c’erano da leggere istruzioni dettagliate sui controlli e le meccaniche del gameplay.
Per un pezzo di storia videoludica che se ne va un altro ritorna ciclicamente, allorché il critico cinematografico Roger Ebert ha espresso la propria opinione sull’idea che i videogame siano (o possano mai diventare) una forma di espressione artistica. I videogiochi non sono arte né mai lo saranno , sentenzia Ebert, perché non sono mai stati paragonati alle grandi opere d’arte della letteratura e del cinema.
Figli come sono di regole, vite infinite e obiettivi da raggiungere, continua Ebert, i videogiochi non possono avere ambizioni artistiche ma solo rispondere alle esigenze di business e intrattenimento di industria e consumatori. Una storia già sentita altre volte insomma, non priva di spunti di discussione interessanti e che non si è dunque risparmiata risposte dirette da chi come Ron Gilbert (designer tra gli altri di Monkey Island e Maniac Mansion) nei videogame ha sempre visto molto più che semplice business e intrattenimento fine a se stesso.
I videogame sono (o saranno) arte o no? La verità sta probabilmente nel mezzo, suggerisce chi si occupa professionalmente di giochi da un bel po’ di anni, ed è comunque figlia della banale constatazione della “giovinezza” tecnica del mezzo. Che almeno un traguardo l’ha comunque raggiunto: a pochissime decadi dalla sua nascita si è già guadagnato un posto di assoluto privilegio nell’immaginario (e nel cuore) degli appassionati, e scalpita per conquistare l’accettazione da parte dell’accademia come forma artistica al pari di cinematografia, letteratura, poesia e via elencando.
Alfonso Maruccia