“Attenzione: un’esposizione eccessiva a videogiochi violenti e alla violenza veicolata da altri media è stata correlata a comportamenti aggressivi”. È quanto recita il bollino che gli Stati Uniti potrebbero apporre sulla confezione di ogni prodotto videoludico che sia stato giudicato adatto ai soli maggiori di 13 anni.
La proposta di legge , denominata The Video Game Health Labeling Act of 2009 e presentata dal representative democratico Joe Baca, imporrà ai produttori di videogiochi di etichettare i game con un avvertimento che possa rassicurare i genitori più apprensivi, responsabilizzare parenti negligenti e scuotere le famiglie che non si siano ancora lasciate terrorizzare da cronache e dibattito politico .
Baca ritiene indispensabile imbollinare i prodotti videoludici. Le famiglie non sembrano responsabili a sufficienza: lasciano i bimbi liberi di scorrazzare, paghetta alla mano, fra gli scaffali di complici rivenditori . Le valutazioni tracciate dalla Entertainment Software Rating Board ( ESRB ) non bastano per guidare i genitori nella scelta dell’intrattenimento che possa condurre verso l’età adulta il giovane virgulto senza che incappi in devianze. Baca confida invece nel funereo bollino inneggiante al determinismo della correlazione tra sparatorie videogiocate e fragging reale .
“L’industria videoludica – non ha dubbi , Baca – è investita della responsabilità, nei confronti di genitori, famiglie e consumatori, di informare del contenuto potenzialmente nocivo che spesso si trova nei loro prodotti”. “È spesso sfuggita a questa responsabilità – denuncia il politico – mentre la ricerca continua a dimostrare una provata correlazione tra la pratica di giocare a videogiochi violenti e una progressiva aggressività nei giovani”.
Baca fa riferimento a studi condotti da autorevoli ricercatori, le cui conclusioni sono unanimi nello stabilire che l’irruenza di giovani gamer sia da imputare alle immagini di cui si rendono protagonisti sullo schermo. Il politico tralascia di citare tutta la letteratura che esita invece ad evidenziare questa correlazione, non spende parole per ricordare che studiosi altrettanto autorevoli considerano i videogiochi dei prodotti capaci di stimolare i ragazzi , di potenziare abilità visive e cognitive .
La spirale delle cronache si avviluppa però intorno alla proposta di Baca, e la sostiene di fronte a famiglie ammutolite: protagonisti dei media sono ragazzini appassionati gamer che imbracciano le armi e danno sfogo a istinti suicidi e omicidi , infanti che nemmeno svettano dal parabrezza che impugnano un volante e si schiantano contro alberi per non fare tardi a scuola. “Le famiglie americane – annuncia il representative – meritano di sapere la verità riguardo a questi prodotti potenzialmente pericolosi”.
Ma se le istituzioni di stati d’oltreoceano come Massachusetts , Louisiana , Michigan , Illinois e California si ostinano a voler instaurare un regime proibizionista che puntualmente si scontra con la Costituzione, i tribunali non sembrano accettare le argomentazioni di coloro che sostengono che la violenza giocata inneschi nella mente dei più giovani dei cortocircuiti che li spingono a perdere il controllo. Daniel Petric, 17enne che nel 2007 ha ucciso la madre e ferito il padre in seguito ad un litigio che verteva sul permesso a scatenarsi per ore a mezzo Halo 3, è stato ritenuto colpevole di omicidio aggravato e di tentato omicidio aggravato. La difesa che faceva perno sulla sua dipendenza dalla violenza videogiocata è stata fatta fuori dal giudice.
Gaia Bottà