Videogiochi, gli spot funzionano. Molto

Videogiochi, gli spot funzionano. Molto

I maschi tra i 18 e i 34 anni saranno presi di mira come non mai: solo la pubblicità nei videogiochi li spinge a cambiare opinione su prodotti in vendita. Lo stabilisce un nuovo studio. Giocatori preparatevi
I maschi tra i 18 e i 34 anni saranno presi di mira come non mai: solo la pubblicità nei videogiochi li spinge a cambiare opinione su prodotti in vendita. Lo stabilisce un nuovo studio. Giocatori preparatevi


Roma – La generazione dei trentenni sarà destinata a subire un nuovo devastante attacco da parte della pubblicità. Nielsen Entertainment , in collaborazione con la software house Activision , ha condotto un nuovo studio sull’efficacia della pubblicità nei prodotti videoludici. E i risultati sono sorprendenti.

In passato era stato scoperto che l’integrazione di campagne pubblicitarie nei videogiochi era in grado di aumentare i livelli di “consapevolezza” e di “richiamo” correlati ai brand, ossia ai marchi e nomi celebri di aziende e prodotti. Adesso è stato rilevato che il livello di pervasività di un messaggio – pubblicitario – sarebbe in grado di cambiare l’opinione che un videogiocatore ha di un certo prodotto . In campo pubblicitario si tratterebbe di una rivoluzione. In nessun altro campo è attualmente possibile raggiungere risultati di tale livello se non con lunghissime e dispendiose campagne.

Inizialmente, gli analisti pensavano che la pervasività nei videogiochi potesse essere controproducente e fastidiosa. Gli ultimi dati invece hanno confermato che se le l’integrazione è rispettosa delle caratteristiche del videogioco, gli utenti possono considerarla quasi un valore aggiunto che rende l’esperienza videoludica più vicina alla realtà . Nella maggior parte dei casi ha un così grande impatto da riuscire ad influire pesantemente sulla considerazione che il consumatore ha del prodotto. Gli esempi in questa direzione sono numerosi: i giochi di automobili che includono modelli realmente esistenti oppure la cartellonistica dei tracciati. Anche negli shooter la presenza di spot – sempre all’interno della dimensione virtuale – è in grado di rendere l’esperienza più immersiva. In GTA la dislocazione di negozi, cartelloni pubblicitari e quant’altro, nello scenario, rendono l’ambiente di gioco simile al “reale”.

“Tutti i media sono in grado di trasmettere un qualche livello di consapevolezza correlato ai prodotti, ma nessuno è riuscito ancora a dimostrare la capacità di cambiare l’opinione dei consumatori”, ha dichirato Robert A. Kotick CEo di Activision. “Come dimostra questo studio, i videogiochi sono decisamente i medium pubblicitari più potenti a disposizione . La sfida per le aziende è quella di implementare un’unità di misura che possa permettere agli inserzionisti di valutare l’impatto delle loro campagne nei videogiochi. Questa analisi sul campo ha posto le basi per il futuro”.

“Le misurazioni permettono di valutare l’efficienza in ogni business di scambio, soprattutto nel settore pubblicitario. Di conseguenza se il videogioco emerge come il nuovo paradigma di interazione – mirato – con i consumatori, il bisogno di stabilire un accurato sistema di valutazione diventa fondamentale. Gli inserzionisti, insomma, potranno accedere come non mai al mercato della fascia maschile compresa fra i 18 e 34 anni sfruttando il potere degli editori dei videogiochi. Un target enorme, se si considera che supera di 6/7 volte il prime time medio televisivo”, ha dichiarato Said Andy Wing, CEO di Nielsen Entertainment.

“I videogiochi sono in grado di contestualizzare i prodotti reali. In pratica l’esposizione rafforza il brand e stimola le vendite. Inoltre è già possibile sviluppare sistemi di feedback per gli inserzionisti. I videogiocatori amano personalizzare la loro esperienza videoludica. Così, se in un videogioco la maggior parte degli utenti cambieranno la cromia del proprio mezzo, l’inserzionista potrà recepire immediatamente il tipo di gusti. E’ più di un valore aggiunto, è uno strumento di marketing potentissimo”, ha aggiunto Michael Dowling, General Manager di Nielsen Interactive Entertainment.

Lo studio è stato condotto su 1350 videogiocatori maschi di età compresa fra i 13 e 44 anni. Ogni partecipante è stato assegnato ad uno dei nove test. Un gruppo si è cimentato con i giochi MTX Motortrax, Tony Hawk’s Underground 2, Need For Speed Underground 2 e NHL 2K6, e poi esposto a brand e prodotti correlati, con vari livelli di pervasività. Un altro gruppo ha giocato agli stessi giochi, però privi di brand e prodotti pubblicizzati. Il restante gruppo di partecipanti è stato assegnato a test televisivi rispettivamente con spot tradizionali, prodotti e filmati senza campagne.

Valutando le reazioni, Activision e Nielsen Entertainment, hanno riscontrato uno stretto rapporto fra la pervasività dei brand, la qualità dell’integrazione e la risposta ai prodotti da parte del campione. “I dati ottenuti si sono dimostrati chiari. Abbiamo messo in relazione la pervasività del brand, ad ogni livello di integrazione, con i sistemi tradizionali di valutazione pubblicitaria come la consapevolezza, la raccomandazione e il rating. Tutto questo ci ha permesso di individuare un nuovo metodo di integrazione per i brand”, ha spiegato Bowling.

Secondo Nielsen Entertainment, quindi, vi sono due possibilità per gli inserzionisti, con diversi livelli di “ritorno”. Nel primo caso, il più efficiente, il brand, diventa un elemento chiave del gioco con una decisa presenza anche nel plot . Filmati e suoni si integrano perfettamente. Nel secondo caso, invece, appaiono cartelloni o oggetti 3D marchiati che fanno da contorno all’ambientazione. Il risultato finale è inferiore in termini di “risposta” ma comunque ancora soddisfacente e consigliabile con alcuni tipi di prodotti.

Dario d’Elia

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Pubblicato il
6 dic 2005
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