Sempre meglio star attenti ai contenuti multimediali e alle risorse esterne inclusi nei propri siti tramite embed: portali di informazione come quelli gestiti dalle redazioni di Washington Post, New York Magazine e Huffington Post si trovano in questo momento ad avere a che fare con la presenza di video porno nelle loro pagine. La causa è da ricercare nella vicenda che ha visto protagonista la piattaforma Vidme.
Vidme porta i video porno sui siti di informazione
Fondata nel 2014 con l’obiettivo di fornire un servizio attraverso cui caricare e condividere filmati, si è proposta al pubblico come una sorta di ibrido tra YouTube e Reddit. La formula si è rivelata capace di ottenere inizialmente un buon successo, non mantenuto però nel tempo. La chiusura a fine 2017 per ragioni legate all’impossibilità di trovare un modello di business sostenibile. Di lì a poco l’acquisizione da parte di Giphy, quest’anno invece il passaggio nelle mani di 5 Star Porn HD, società attiva nell’ambito dell’intrattenimento per adulti.
Ne consegue che ogni link diretto al dominio vid.me (ne sconsigliamo l’apertura) punta ora a un sito XXX con immagini e clip di tipo pornografico. Lo stesso vale per i contenuti inclusi all’interno di articoli e approfondimenti. Un monito su quanto possa essere poco lungimirante includere nelle proprie pagine risorse ospitate su server e su piattaforme altrui.
A fondare Vidme sono stati i californiani Warren Shaeffer e Alex Benzer. In origine il nome era Viddme. Nel 2015 il progetto ha raccolto finanziamenti per 3,2 milioni di dollari, l’anno successivo per 6 milioni di dollari, arrivando a quota 30 milioni di visitatori unici su base mensile.