Roma – Si diffondono rapidamente, aggrediscono l’organismo che solo quando si accorge della loro presenza produce anticorpi, evolvono e cambiano forma. Questi sono alcuni degli attributi che secondo lo studio “Virtual Virology” possono essere associati tanto ai virus informatici quanto a quelli biologici.
Rispolverando le vecchie teorie sulle similitudini tra le due tipologie di virus e sulle conseguenti infezioni, Rod Daniels, ricercatore del National Institute for Medical Research (NIMR) , ha lavorato per un anno per verificare se le strategie utilizzate sul piano medico per combattere i virus possano essere in qualche modo utilizzate dall’industria antivirus per sconfiggere i virus informatici.
“Lo studio di virus biologici – ha spiegato Daniels – è andato avanti per decenni mentre la lotta ai virus informatici è relativamente recente. Ma io credo che vi siano molte cose che uno può apprendere dall’altro”.
Secondo Daniels entrambe le tipologie di virus dispongono di strutture simili, perché sono in ogni caso realizzati da singoli elementi costitutivi capaci di mascherarsi per inserirsi nei sistemi in cui si riproducono. E se nel corpo umano si sviluppano anticorpi per sconfiggere i virus che sono penetrati nell’organismo, nel mondo degli antivirus i software di schermatura e distruzione dei software malevoli vengono realizzati dopo l’accertamento dell’esistenza di un nuovo tipo di infezione.
Jack Clark, consulente di McAfee, sostiene che ci sono dei paralleli persino nella distribuzione geografica sul pianeta: “Rilasciare un virus in Asia significa che quando raggiunge l’Europa e gli Stati Uniti è già in piena attività”.
Internet ha naturalmente un ruolo in tutto questo, accelerando le epidemie in un modo che secondo Virtual Virology ricorda quanto avviene con le linee aeree, che trasportano rapidamente da una parte all’altra del mondo i virus altrimenti localizzati.
Tra le idee con cui l’industria antivirus potrebbe migliorare, secondo Clark, c’è l’utilizzo di un unico database di riferimento di tutti i codici malevoli in circolazione, oggi chiamati in modo differente dai diversi produttori antivirus, nonché l’adozione di un unico standard per determinare il grado di diffusione e pericolosità dei singoli virus.
Altre idee su questo argomento le avevano già espresse due scienziati in uno studio pubblicato sull’autorevole rivista “Science”.