Vita dura per i bagarini su eBay

Vita dura per i bagarini su eBay

Un team di football americano ci va giù pesante con un sito di aste di proprietà di eBay. 13mila nomi di persone che hanno provato a comprare biglietti sovra-prezzo sono già stati consegnati alla squadra, che minaccia azioni
Un team di football americano ci va giù pesante con un sito di aste di proprietà di eBay. 13mila nomi di persone che hanno provato a comprare biglietti sovra-prezzo sono già stati consegnati alla squadra, che minaccia azioni

I “Pats”, come viene definita la squadra della lega professionistica NFL di base a Foxborough nel Massachusetts, sono riusciti a ottenere decine di migliaia di nominativi di utenti di StubHub.com , sito d’aste specializzato nello scambio di biglietti per le partite riconducibile a eBay, colpevoli secondo l’accusa di aver anche solo provato ad acquistare gli agognati ticket in spregio alla legge e alla policy del team .

Lo ha deciso il Giudice della Corte Superiore del Massachussetts Allan van Gestel che, dopo svariate richieste da parte della squadra, ha emesso una ingiunzione che obbliga StubHub a rivelare tutti i dati sensibili in proprio possesso – inclusi indirizzo, numero di telefono e nominativi – su 13mila utenti che hanno partecipato alle aste ospitate sul portale , indipendentemente da come poi l’asta si sia infine conclusa.

Sarà sufficiente aver partecipato ad un’asta persa e il povero sportivo si ritroverà invischiato nello scottante caso di privacy negata e manie di persecuzione dei Patriots . I rappresentanti legali della squadra sottolineano come l’iniziativa sia necessaria per difendere le politiche di gestione interne della vendita dei biglietti , così come per far rispettare la legge anti-bagarinaggio dello stato americano del Massachussetts.

La legge richiamata dal team impedisce – da 83 anni a questa parte – la rivendita dei biglietti con un sovrapprezzo superiore ai due dollari rispetto a quello di costo. La causa legale con StubHub, iniziata il novembre scorso, è ancora in corso d’opera ma la decisione del giudice dà in pratica mano libera ai Patriots, che potranno ora usare a loro totale discrezione l’enorme quantità di informazioni ricevuta nel frattempo.

“C’è un ordine protettivo sui nomi quindi non possono essere divulgati pubblicamente – ha dichiarato un legale del Massachusetts – Ma i Patriots possono usarli per qualunque altro scopo, come ad esempio rescindere i diritti garantiti dal biglietto”.

StubHub aveva anche provato a giocare la carta della contro-causa, sostenendo che la squadra – una delle più importanti della lega professionistica americana – avrebbe avuto l’intenzione di monopolizzare il mercato dei biglietti, e si è appellata contro l’obbligo di fornire i 13mila nominativi visto che la cosa andrebbe contro i suoi termini di servizio, ma nessuna delle due misure ha sortito lo scopo sperato. I dati sono già stati consegnati ai legali dei Patriots , mentre StubHub sta cercando di avvertire dello spiacevole accaduto i diretti interessati.

L’aspetto più inquietante della vicenda è l’obbligo stabilito dal giudice di dover consegnare anche i nominativi di coloro che, non avendo vinto i biglietti messi all’asta, ben poco hanno a che fare con le policy e le leggi sbandierate dai Patriots . Un obbligo che sgomenta, dice Ari Schwartz, direttore del Center for Democracy and Technology (CDT) di Washington: “C’era una soluzione etica molto semplice per la situazione di StubHub. I Patriots avrebbero potuto semplicemente chiedere i nomi delle persone che hanno infranto la legge. Ma hanno invece deciso di prendere un’altra strada. In questo modo hanno dimostrato di non aver imparato che la privacy è una questione importante”.

E che i Pats non abbiano in gran conto la riservatezza lo dimostra anche un episodio risalente al mese scorso: la squadra ha ricevuto una multa di 750mila dollari dalla lega NFL, per aver usato apparati di controllo audiovisivo con cui sono stati registrati i segnali difensivi dell’avversario durante un match con i New York Jets. Due episodi che rischiano di tradursi in una insana abitudine, chiosa qualcuno.

Alfonso Maruccia

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Pubblicato il
22 ott 2007
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