Nella giornata di ieri, domenica 16 maggio, Vitalik Buterin ha inviato 410.241.996.771.871 SHIB a un indirizzo della blockchain non più operativo. I token, circa la metà di quelli in circolazione, non saranno più recuperati. Dissolto nel nulla un equivalente pari a 6,7 miliardi di dollari. Per quale motivo? A spiegarlo è il diretto interessato.
Ho deciso di bruciare il 90% dei token SHIB rimasti nel mio wallet. Il rimanente 10% sarà devoluto in beneficienza (non è stato deciso a chi), in modo simile a quanto fatto con CryptoRelief (che previene i decessi su larga scala), ma con un orientamento più di lungo termine.
SHIB: Vitalik Buterin ne ha bruciati per 6,7 miliardi
Classe 1994, di origini russe, per chi non ne fosse a conoscenza è il co-fondatore di Ethereum. L’input per mettersi al lavoro su blockchain e crypto è arrivato dal padre, quando aveva solo 17 anni. Oggi vive in Canada e la scorsa settimana ha donato 1,5 miliardi di dollari, ovviamente in moneta digitale (ETH e SHIB), all’organizzazione indiana CryptoRelief impegnata a fronteggiare l’avanzata di COVID-19 nel paese. Molti l’hanno considerata un’abile mossa di marketing. La distruzione di SHIB di questo weekend è giustificata dalla volontà di non volersi trovare nella condizione di gestire troppo potere.
Non voglio essere un tale centro di potere.
La criptovaluta è balzata agli onori delle cronache una settimana fa circa, autodefinendosi Dogecoin Killer. L’impennata nel prezzo di SHIBA INU è stata immediata, così come altrettanto rapidamente si è manifestata la successiva flessione (fonte CoinMarketCap). Un’ennesima testimonianza di come prima di rompere il salvadanaio e convertire tutti i propri risparmi su un exchange, cavalcando il trend in cerca di un facile ritorno, sia meglio fare un lungo e profondo respiro.