Qualche tempo fa abbiamo ricevuto in redazione la mail qui sotto:
Non so se vi è mai capitato di leggere il contratto dei dipendenti dei CED , applicato anche in grandi realtà dei provider nostrani.
È interessante notare sia i livelli salariali da fame (un secondo livello non arriva a 1200 euro netti, tanto per fare un esempio), sia alcune “regolette”, come il lavoro notturno e festivo che, nella turnazione a nastro, non prevede il men che minimo aumento per i turni svolti di notte e durante le feste.
Il tema è senz’altro interessante per tastare il polso all’IT italiano e così, passata l’estate, abbiamo deciso di iniziare un’esplorazione dell’ambiente, della prassi e delle regole in cui si muovono i suoi protagonisti.
Come noto, l’etichetta “CED” individua genericamente le organizzazioni che gestiscono in outsourcing i flussi di dati di terzi. Il loro ambito di attività è molto ampio: non soltanto elaborazione di dati informatici in campo IT, ma anche gestione paghe, contabilità industriale, presidio delle funzioni di comunicazione aziendale (dalla customer care al publishing) e gestione magazzini. Le dimensioni numeriche del fenomeno sono significative: Assoced , la principale associazione di rappresentanza dei gestori in Italia, conta su ben 55mila aziende affiliate, ed altre ve ne sono all’interno degli altri piccoli sindacati (Federced, Unionced). La presenza dei CED, peraltro, è parimenti forte nel settore privato- dove i centri svolgono compiti di analisi dati, ragioneria fiscale, gestione magazzini- come in in quello pubblico, dove prendono spesso la forma di strutture di servizio dedicate per singole articolazioni della PA.
A fronte di questa eterogeneità nelle funzioni, d’altra parte, i CED presentano anche caratteristiche ed esigenze fortemente differenziate in materia di orari . Accanto ai centri che restano aperti soltanto negli orari d’ufficio “tradizionali”, infatti, ve ne sono altri che rimangono attivi per orari più protratti, magari fino a tarda sera o per ventiquattr’ore su ventiquattro, e talvolta persino anche nei giorni festivi. A fare la differenza sono la tipologia di servizio erogato e le esigenze dei clienti: mentre un centro che si occupa di gestione paghe può ben limitarsi ad un orario standard tipo “9-5”, ad esempio, quello che monitora il funzionamento di un’infrastruttura informatica critica- i server di un ospedale, di una banca, di una rete di comunicazione nazionale o locale- deve rimanere costantemente attivo. E un discorso simile vale anche per il comparto della customer care , nel quale le aziende offrono orari di “contatto” sempre più protratti e flessibili ai propri clienti.
Mutano gli orari di esercizio del CED, e mutano conseguentemente gli orari di lavoro dei dipendenti . Nei centri che svolgono orari lunghi, e più ancora in quelli aperti senza soluzione di continuità (i cosiddetti “H24”) la turnazione interna porta periodicamente i vari operatori a coprire turni notturni e festivi. E fin qui nulla di strano. Solo che, come segnalato dal nostro lettore, i dipendenti dei CED che praticano orari lunghi o lunghissimi finiscono per non ricevere alcuna remunerazione aggiuntiva a fronte del disagio subito per garantire all’azienda un adeguato grado di “flessibilità”: le ore lavorate la domenica, nei festivi o nel cuore della notte, vengono conteggiate come attività ordinaria, e non danno diritto a indennizzi di sorta. Né, tantomeno, sono previsti per loro riconoscimenti a livello di inquadramento contrattuale complessivo. Come è possibile tutto questo?
Mara, operatrice di un grande CED di una città del Nord Italia, sembra avere le idee molto chiare in proposito, a suo dire tutto gira attorno ai contratti . “Il problema – spiega a Punto Informatico – non è l’azienda, ma il contratto: paghe basse per lavorare a qualunque ora di qualunque giorno, senza il minimo riconoscimento del lavoro notturno o festivo. Per chi come me ha due figli, uno dei quali inizierà a breve la prima elementare, è un problema passare intere settimane lavorando di notte, ma il lavoro è questo e possiamo accettarlo. Ciò che è inaccettabile è che, oltre a rimanere lontana dai miei figli di notte o nel weekend, non ottengo niente in più pur lavorando ad orari poco comuni.”
Già, il contratto. In teoria, nelle aziende che si occupano di elaborazione dati potrebbero altrettanto bene essere applicati tre contratti collettivi nazionali (CCNL) diversi: il CCNL Terziario (in particolare nei casi di customer care e assistenza), il CCNL Studi Professionali (per elaborazione paghe e simili) e il CCNL CED. Solo che l’azienda di Mara, come molte altre del settore, ha scelto di applicare proprio il contratto nazionale dedicato ai centri elaborazione dati. Che adesso proviamo a vedere in maggiore dettaglio.
Il CCNL CED è stato siglato il 14 aprile 2005 e poi rinnovato il 30 marzo 2007, in seguito all’accordo tra Assoced (per gli imprenditori) e UGL (per i lavoratori), e senza la firma dei sindacati confederali. Esaminando il documento, si osserva innanzitutto come sia soltanto uno il riferimento diretto alle specificità dei centri con orari “lunghi, lunghissimi e H24”. Esso si realizza nella parte dedicata agli orari di lavoro, precisamente all’articolo 65 del contratto, dove si dispone che le strutture in esame possano “ricorrere a nastri orari con turni fissi o variabili” in tutti i casi in cui le esigenze di mercato, o l’articolazione organizzativa interna, lo richiedano. E dove si esplicita altresì che, a fronte della creazione dei nastri, i dipendenti “non hanno diritto alle maggiorazioni previste per il lavoro ordinario notturno e/o festivo” , ma soltanto ad un “titolo di preferenza nelle richieste di cambio turno o di aumento dell’orario lavorativo per i contratti part-time”.
In altre parole, gli estensori del documento riconoscono l’esistenza di esigenze di orario specifiche per le aziende in oggetto, alle quali viene consentita la creazione di “nastri orari” validi anche di notte e nei festivi. Ma, dall’altra parte, gli stessi estensori stabiliscono che lo svolgimento dei “nastri” non dia diritto ad alcun tipo di maggiorazione economica per i lavoratori: quello svolto di notte, o di domenica, è semplice lavoro “ordinario” . Con una marcata differenziazione, peraltro, rispetto ai CCNL Terziario e Studi Professionali, che per il lavoro notturno e festivo prevedono retribuzioni specifiche.
“Come organizzazione di rappresentanza delle aziende”, spiega a Punto Informatico il Responsabile Relazioni Industriali di Assoced Pier Corrado Cutillo “non possiamo che dirci soddisfatti del CCNL vigente. Dopodiché, è un fatto che le parti relative ai CED con orari lunghi, lunghissimi ed H24sono state inserite ex abrupto solo nel corso delle ultime contrattazioni, e ci rendiamo conto che potrebbero avere bisogno di qualche limatura in futuro”. Richiesto di chiarimenti su quali potrebbero essere le direzioni nelle quali “limare”, d’altra parte Cutillo chiama in causa il sindacato, specificando: “Non sono in grado di dirle oggi quale direzione sarà presa in concreto. Perché spetta al sindacato, e non a noi, formulare delle proposte”.
In sintesi, dichiarano i rappresentanti degli imprenditori, la parte di contratto relativa ai CED con orari protratti appare passibile di miglioramenti, ma dev’essere il sindacato ad avanzare proposte in merito . Solo che la posizione in proposito dell’Unione Generale Lavoratori, unica organizzazione sindacale firmataria del CCNL, è scarsamente intelligibile. Punto Informatico fino a questo momento non è riuscito ad approfondire il tema con la stessa UGL, e le notizie ufficiali sull’argomento latitano. Per questo, l’unica dichiarazione sindacale ad oggi disponibile è quella rilasciata da Marco Pepe, Segretario Nazionale Servizi Privati UGL, in occasione del rinnovo contrattuale 2007. In quell’occasione, come riportato sul sito Assoced , il dott. Pepe ha dichiarato: “È importante sottolineare come un consapevole clima partecipativo produca soddisfacenti risultati rinnovando i contratti all’atto della scadenza così come previsto dal protocollo del ’93”.Dichiarazioni che non sembrano proprio coincidere con le opinioni dei lavoratori. Commentando l’operato delle rappresentanze sindacali, un altro dei nostri testimoni (che chiameremo Fiorella) dichiara: “La rabbia maggiore me la fanno provare i sindacati: dovrebbero proteggerci, ma qua non si sono mai visti, e accettano dei contratti-capestro che nessuna persona sana di mente firmerebbe (non è accettabile un contratto dove non si riconosce niente al lavoro notturno o festivo!). I lavoratori si sentono soli, e ai miei figli una volta formati dirò: scappate, non è qua il paese dove costruirsi una vita!”.
Ma torniamo per un istante al contenuto del contratto nazionale. Parlando dell’impianto complessivo del contratto, l’operatrice Mara osserva ancora: “Il CCNL lascia molto a desiderare anche nella parte sugli scatti di anzianità. Io mi occupo di customer care, e probabilmente lo farò per i prossimi 30 anni, ma almeno vorrei poter contare su scatti di anzianità decenti”. Se esaminiamo il contratto nazionale (art. 129) scopriamo che gli scatti di anzianità previsti per i lavoratori CED sono in tutto cinque , e la loro cadenza è biennale; dopo dieci anni di impiego con lo stesso inquadramento cioè, l’operatore esaurisce la possibilità di accrescere il proprio stipendio per anzianità. Per quanto riguarda d’altra parte l’ entità degli scatti, lo stesso art. 129 ne specifica l’ammontare entro un range che va dai 49E per i “quadri di direzione” (responsabili operativi) e 22E per gli impiegati di sesto livello (portieri, fattorini etc). Il quadro per i lavoratori dei CED, insomma, non è entusiasmante neppure a livello di numero di scatti di anzianità, né di importi collegati.
Quel che le testimonianze raccolte ci dicono, in conclusione, è che le disposizioni del CCNL CED vigente sono oggettivamente poco vantaggiose per gli operatori – in particolare per quelli che lavorano con orari protratti. Sono limitate le possibilità di crescita economica all’interno dei singoli livelli e, soprattutto, sono estremamente penalizzanti le condizioni per il lavoro notturno e festivo. Gli imprenditori, per loro parte, sembrano avere precisa consapevolezza della situazione, al punto che il Responsabile Relazioni Industriali della principale associazione di categoria può dichiarare a Punto Informatico: “Personalmente ritengo che, in particolare per quanto riguarda la situazione degli H24, in sede di rinnovo varrà la pena esaminare modifiche, anche se questo comporterà giocoforza dei costi per le aziende”. I lavoratori, loro, appaiono molto scontenti, e non fanno nulla per nasconderlo. Resta da capire soltanto quale sia la posizione del sindacato, fin qui silente, e del quale come giornale saremo felici di raccogliere la voce in futuro. In attesa che il contratto corrente vada a scadenza, ed inizino le trattative per il rinnovo 2009.
Giovanni Arata