La Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato l’ assoluzione dei tre manager di Google accusati (e condannati in primo grado) nel 2006 per un video caricato da alcuni utenti di Google Video.
Il caso conosciuto con il nome dell’associazione che ha depositato la denuncia, Vividown , ha per oggetto un video caricato nel 2006 da un utente sulla piattaforma di condivisione video di Mountain View in cui si vede un disabile minorenne di Torino picchiato e schernito da un gruppo di compagni di classe.
Il contenuto, dunque, era evidentemente offensivo e violento. E oltretutto violava la privacy del ragazzo vittima del bullismo. Il problema legale, tuttavia, riguardava la responsabilità di Google (e quella penale dei suoi manager) che secondo l’accusa avrebbero dovuto vigilare sui video ospitati ed accertarsi che tutti i protagonisti di un filmato (a maggior ragione se minorenni) avessero dato il proprio consenso.
In primo grado il Tribunale di Milano adito dall’associazione aveva condannato a sei mesi di reclusione tre dei dirigenti Google (all’epoca dei fatti) per violazione della disciplina italiana in materia di privacy e la sentenza aveva finito per fare il giro del mondo: si trattava di uno dei primi procedimenti penali, anche a livello internazionale, che vedeva imputati intermediari per contenuti caricati da utenti.
Nel frattempo, tuttavia, non solo i familiari del minore disabile avevano ritirato la querela, ma si era anche decisamente consolidata la giurisprudenza europea in materia di non responsabilità degli ISP che applica la Direttiva 31/2000 (recepita nel nostro Paese con il D.lgs 70/2003 ).
Così, in seguito al ricorso di Mountain View, la Corte d’Appello aveva assolto i tre manager David Carl Drummond (all’epoca dei fatti presidente del CdA di Google Italy), George De Los Reyes (ora in pensione) e Peter Fleischer (responsabile delle privacy policy per l’Europa).
Tuttavia gli inquirenti italiani avevo deciso che valesse la pena arrivare fino al supremo grado di giudizio e, in barba al principio europeo di non responsabilità degli intermediari, chiedevano che le piattaforme di video sharing come YouTube fossero dotate di specifiche misure di monitoraggio preventivo del materiale caricato, prevedendo inoltre il consenso informato da parte dei soggetti finiti nei video pubblicati online.
Ora è arrivata la definitiva assoluzione della Corte di Cassazione che ha respinto tale ricorso : tra un mese circa verranno pubblicate le motivazioni a suo supporto.
Google, attraverso un portavoce, ha commentato la sentenza: “Siamo felici che la Corte di Cassazione abbia confermato l’innocenza dei nostri colleghi. Di nuovo, il nostro pensiero va al ragazzo e alla famiglia. La decisione di oggi è importante anche perché riconferma un importante principio giuridico”.
Claudio Tamburrino