Sono state pubblicate le motivazioni della sentenza con cui la Terza sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione dei tre (allora) manager di Google accusati nel 2006 di essere penalmente responsabili per la violazione della privacy del minorenne disabile maltrattato in un video caricato su Google Video.
Secondo quanto deciso nella sentenza 5107/2014 non è configurabile una responsabilità penale da parte dell’Internet Host Provider: “I reati di cui all’articolo 167 del codice privacy, per i quali qui si procede devono essere intesi come reati propri, trattandosi di condotte che si concretizzano in violazioni di obblighi dei quali è destinatario in modo specifico il solo titolare del trattamento e non ogni altro soggetto che si trovi ad avere a che fare con i dati oggetto di trattamento senza essere dotato dei relativi poteri decisionali”.
Oltre a questa considerazione legata al tipo di reato contestato, la Corte afferma che il servizio di hosting “non ha alcun controllo sui dati memorizzati né contribuisce in alcun modo alla loro scelta, alla loro ricerca o alla formazione del file che li contiene, essendo tali dati interamente ascrivibili all’utente destinatario del servizio che li carica sulla piattaforma messa a sua disposizione”.
Pur rifacendosi alla base della Dottrina europea in materia di intermediari , il giudice italiano sembra fare un passo oltre e afferma che Google Italia ed i suoi manager si sono limitati “a fornire una piattaforma sulla quale gli utenti possono liberamente caricare i loro video” del cui contenuto restano gli “esclusivi responsabili”. La normativa comunitaria specifica poi che un qualche tipo di responsabilità ex post si configura nel momento in cui – una volta informati del contenuto illecito presente sulla propria piattaforma – non intervengano tempestivamente per rimuoverlo.
Claudio Tamburrino