Washington (USA) – Quello che sta accadendo negli USA viene considerato clamoroso: è in attesa dell’approvazione definitiva al Congresso una proposta di legge per la regolamentazione delle pratiche lobbistiche e di divulgazione di massa, che obbliga una sostanziosa fetta di blog, portali di informazione, siti non profit e attivisti politici a denunciare al Congresso l’esistenza della propria iniziativa in rete . Chi non provvedesse alla registrazione sarebbe soggetto a pene severe, inclusa la galera.
C’è chi parla dunque di una misura in pieno stile cinese nel paese della prima Costituzione moderna , del Primo Emendamento e della libertà di espressione ed informazione. La Sezione 220 della legge S.1 , la proposta di riforma dell’attività lobbistica attualmente in attesa alla Camera dei Rappresentanti, prevede che tutte le fonti di informazione rivolte al grande pubblico, che abbiano un bacino d’utenza uguale o superiore a 500 utenti denuncino preventivamente la propria attività.
In caso contrario sono previste pene severe: secondo l’Emendamento 7 alle legge S.1, approvato il 9 gennaio dal Senato, con la mancata denuncia si viene considerati alla stregua di criminali , e si può incorrere addirittura in un anno di prigione, nel caso in cui il reo “deliberatamente e intenzionalmente non provveda alla dichiarazione”. L’emendamento pro-galera era stato proposto dal senatore repubblicano David Vitter, che ora, al contrario, spalleggia l’emendamento numero 20 del repubblicano Robert Bennet, pensato per rimuovere l’intera sezione 220 dalla proposta legislativa.
Richard A. Viguerie presiede l’iniziativa GrassrootsFreedom.com , che ha lo scopo di denunciare e mettere in guardia il grande pubblico su quello che sta accadendo nei palazzi del potere americano. “A meno che l’Emendamento numero 20 non abbia successo – dice Viguerie – il Senato criminalizzerà l’esercizio dei diritti garantiti dal Primo Emendamento della Costituzione. Da quel punto in poi ci troveremo a vivere sotto un totalitarismo, non una democrazia”.
Il problema, fa presente Viguerie, è che la Sezione 220 classifica in maniera estremamente grossolana le fonti di informazione , descrivendo quelle obbligate a registrarsi come “sforzi retribuiti per stimolare attività lobbistiche sul grande pubblico”, e indicando come “retribuite” quelle iniziative di comunicazione che si rivolgono ad almeno 500 cittadini, senza altra classificazione o determinazione.
Nel tentativo di regolare i problemi della corruzione interna di Washington, sostiene Viguerie, il congresso sta provando a mettere alla gogna la critica organizzata e diffusa al proprio operato non sempre trasparente. Non bastasse, la legislazione si troverà a regolamentare duramente piccole iniziative non profit, blogger e individui singoli, ma creerà scappatoie per quelle grosse organizzazioni capaci di spendere ingenti somme per premere sul Congresso.
Alfonso Maruccia