C’era una piccola ma fondamentale rivoluzione nelle pieghe del testo di un provvedimento in corso di discussione alla Camera per iniziativa del Governo: senza una modifica introdotta all’ultimo minuto sarebbe passato l’obbligo per liberi professionisti ed imprese di adottare la Posta Elettronica Certificata , ossia lo strumento digitale sostitutivo della tradizionale raccomandata.
Come si può verificare leggendo il resoconto stenografico della seduta di mercoledì, a tagliare la strada all’obbligo è stato un emendamento presentato da Maurizio Acerbo , deputato di Rifondazione Comunista, secondo cui l’adozione della PEC può essere esclusivamente facoltativa .
Non solo, Acerbo si rifà alle pesantissime polemiche con cui è stata accompagnata l’ introduzione della PEC in Italia. “Tale obbligatorietà – ha spiegato in Aula – assume i contorni di aiuto indiretto ad alcune particolari imprese (i certificatori e operatori della PEC, ndr.), per le caratteristiche che ha avuto l’autorizzazione in Italia, per cui per rendere tale servizio sono stati tagliati fuori tutti gli internet provider”.
Secondo Acerbo introdurre l’obbligo, dunque, “significa che, ad alcuni di costoro (i soggetti autorizzati ad operare, ndr.) consegniamo milioni di utenti. Un cittadino della Repubblica italiana, sia esso un singolo o un impresa, se vuole inviare una raccomandata lo fa per sua decisione e non perché qualche lobby si serve delle norme del Parlamento per costruirsi un mercato protetto”.
A sostenere Acerbo è intervenuto anche Benedetto della Vedova , dei Riformatori liberali di Forza Italia, secondo cui il problema non è però il fatto che vi sia una “pluralità” di soggetti privati ad operare, il problema è l’obbligo in sé: “È importante chiarire che l’uso della posta elettronica certificata deve restare facoltativo, augurandoci che tutti la utilizzino per ragioni di comodità e di economicità”.
A pensarla in modo del tutto diverso è invece Roberto Villetti della Rosa nel Pugno, secondo cui gli obiettivi dell’Agenda di Lisbona impongono, dove possibile, un’accelerazione nell’utilizzo dei sistemi innovativi di comunicazione non solo nella PA ma anche presso imprese e liberi professionisti. “Non mi sentirei di sostenere l’obbligo per il pensionato di utilizzare necessariamente la posta elettronica – ha dichiarato Villetti – però sono disposto ad affermare che un’impresa e un professionista siano obbligati ad utilizzare la posta elettronica, perché dispongono di tutte le capacità tecniche e intellettuali per utilizzarla”. La PEC per l’interlocuzione di questi soggetti con la PA apporterebbe, secondo Villetti, benefici di vario genere: “Non possiamo sostenere che per svolgere le pratiche burocratiche deve essere consentito qualsiasi mezzo: la posta, oppure direttamente l’ufficio, o, ancora, la posta elettronica. In questo modo noi aggraveremmo fortemente la struttura e la funzionalità della pubblica amministrazione”.
Contro l’emendamento anche Antonio Borghesi dell’Italia dei valori nonché Andrea Lulli , dei DS e relatore del provvedimento, secondo cui il “sistema di posta elettronica certificata determina risparmi ingenti per le imprese e per gli utilizzatori”.
La Camera ha poi votato l’emendamento Acerbo, approvandolo con una maggioranza di 304 sì contro 159 no e dunque bocciando l’introduzione di qualsiasi obbligo di PEC . Nonostante lo scarto numerico, è assai probabile che l’obbligo verrà riproposto all’Aula prossimamente, probabilmente non più all’interno delle liberalizzazioni Bersani, quanto nei provvedimenti in elaborazione presso il ministero all’Innovazione nella PA guidato da Luigi Nicolais.