Le autorità tedesche stanno cercando di far luce sulla vicenda delle emissioni truccate dei veicoli Volkswagen che ha fatto finire la casa automobilistica al centro di dure polemiche internazionali.
Tutto è partito dall’ Environmental Protection Agency (EPA) statunitense che ha accusato Volkswagen di aver violato le leggi federali a protezione dell’ambiente tramite l’uso di software contraffatto per il controllo dei gas di scarico. Un controllo che, dice EPA, era messo in atto solo in caso di test e non su strada: da allora la conta delle vetture coinvolte è arrivata a 11 milioni, le performance di borsa del colosso di Wolfsburg sono crollate (meno 20 per cento solo nelle ore successive), le omologazioni per i modelli 2016 presentate alle autorità statunitensi da parte dell’azienda sono state sospese, il CEO Martin Winterkorn si è dimesso e Michael Horn, amministratore delegato di Volkswagen Group of America, ha riferito , in audizione al Congresso USA, di sapere dalla primavera 2014 che ci potevano essere violazioni o non conformità rispetto agli standard sulle emissioni fissati negli Stati Uniti, ma non del software per la contraffazione dei risultati delle emissioni.
Le autorità non si sono certo accontentate di questo, né della collaborazione finora offerta dall’azienda, e così in patria Volkswagen se la deve ora vedere con approfondite indagini: da ultimo la procura di Braunschweig ha avviato una serie di perquisizioni a Wolfsburg ed in altre sedi della casa automobilistica, sia nelle fabbriche che nelle abitazioni di alcuni suoi dipendenti, per trovare ulteriori prove sul dieselgate e “salvaguardare documenti e supporti informatici” che potrebbero permettere di far luce sulle metodologie utilizzate per le manipolazioni poste in essere.
Le autorità, infatti, ora stanno investigando le responsabilità degli ingegneri sviluppatori di quei software: lo stesso Micheal Horn oltre a scusarsi ha sostenuto davanti ai membri della Commissione energia e commercio della Camera dei Rappresentanti che la decisione di installare il software contraffatto sia stata presa da “singoli individui” e non dai vertici della compagnia. Insomma, sarebbe colpa di “qualche ingegnere informatico”.
In particolare tra i presunti responsabili vi sarebbero tre ingegneri, il responsabile dello sviluppo del brand VW Heinz-Jakob Neusser, il capo del team degli ingegneri Ulrich Hackenberg e lo sviluppatore della Porsche da Formula Uno e dei motori da corsa di Le Mans Wolfgang Hatz: davanti all’incapacità di far rientrare i motori Volkswagen nelle disposizioni del mercato statunitense, avrebbero pensato all’impiego del software di contraffazione delle emissioni.
I tre sono stati peraltro già sospesi anche se Volkswagen non avrebbe ancora le prove necessarie al loro licenziamento. Hackenberg ha già fatto sapere di aver assunto dei legali.
Se la ricerca dei responsabili procede spedita, più lenta è la soluzione del problema: per una correzione del problema a favore di coloro che hanno già acquistato le auto incriminate potrebbero volerci anni, e le ipotesi di risarcimento rimangono al momento vaghe. E nel frattempo anche i consumatori europei potrebbero finire per essere coinvolti: secondo il giornale tedesco Sueddeutsche Zeitung il software sarebbe stato utilizzato anche per superare i test imposti dalle norme Euro 5.
Claudio Tamburrino