Edimburgo – Clangore metallico, cigolio di portiere, bulloni che rotolano a terra. In sottofondo una radio che gracchia, ad accompagnare il lavoro di meccanici e gommisti della catena inglese Kwik-Fit . Una radio che diffonde musica registrata, melodie che inavvertitamente raggiungono l’apparato uditivo dei clienti in attesa di una riparazione. Se non si pagano i compensi per i diritti connessi, ciò rappresenta una violazione del diritto d’autore: questo il parere della Performing Rights Society ( PRS ), incaricata di raccogliere e redistribuire ai detentori dei diritti i proventi delle royalty.
Kwik-Fit, riporta Ars Technica , dal 1997 si è macchiata di numerosissime violazioni: in ben 250 occasioni i meccanici sono stati colti in flagrante nell’effettuare ritrasmissioni radiofoniche non autorizzate. Una violazione che, calcolata per metà dei 600 esercizi della catena, sarebbe costata a Kwik-Fit 43mila euro l’anno: PRS ne chiede quasi 300mila per rifondere i danni e appianare ogni dissapore.
La catena di officine, scrive BBC , ha recentemente chiesto l’archiviazione del caso: il fondatore di Kwik-Fit ha assicurato che, da dieci anni, presso le sue sedi vige una severa proibizione dell’uso di radio personali, policy che avrebbe di fatto impedito il verificarsi della violazione. Un’argomentazione che non ha convinto il giudice Emslie: il caso prosegue, non esiste nessuna prova del fatto che il reato non sussista, le ispezioni dimostrano che a non essersi accorti dell’andazzo dei meccanici musicofili siano solo gli irresponsabili dirigenti dei singoli esercizi.
È probabile che la policy tirata inutilmente in ballo in tribunale faccia parte di una tattica adottata dagli avvocati di Kwik-Fit, consapevoli della propria incapacità di difendere altrimenti il cliente.
Il problema, nel far valere le proprie ragioni, risiede nei confini estremamente sfumati fra ascolto personale e ritrasmissione radiofonica volta a rendere più piacevole la permanenza in un negozio: come tracciare una linea di demarcazione tra la radio ascoltata ad alto volume e quella che in Italia la SIAE e la SCF definiscono musica d’ambiente , per la quale gli esercizi commerciali devono corrispondere un equo compenso?
Ma c’è dell’altro: anche la musica trasmessa sul posto di lavoro ha un costo. Gli indiscussi benefici che la musica ha sui dipendenti, spiega PRS , valgono quasi 1220 Euro, al netto delle tasse, per 250 giorni, per quattro ore giornaliere e 16 impiegati. Una corresponsione alla quale Kwik-Fit è probabile dovrà rassegnarsi, nel caso in cui riuscisse a convincere il giudice che non basta il volume alto di una radiolina gracchiante e imbrattata di grasso per fare una ritrasmissione radiofonica.
Gaia Bottà