Dichiarazioni sorprendenti, recentemente rilasciate in aula dai responsabili legali di Warner Bros. La major statunitense ha ammesso di aver inviato ordini di rimozione illegittimi, ovvero relativi a contenuti non effettivamente detenuti . Materiale audiovisivo presente sulla piattaforma di file hosting Hotfile, i cui diritti non sono affatto controllati dalla grande casa di produzione cinematografica.
La saga legale era iniziata con l’offensiva scatenata da MPAA contro il cyberlocker con base a Panama. La piattaforma gestita dall’oscuro Anton Titov aveva risposto al fuoco, sottolineando come Warner Bros sfruttasse indebitamente gli stessi strumenti di rimozione dei contenuti messi a disposizione per i legittimi titolari dei diritti . Accuse che hanno ora trovato fondamento nei documento presentato presso il tribunale della Florida.
La major a stelle e strisce ha infatti ammesso di aver sfruttato determinate chiavi di ricerca – esempio The Box , ultimo film di Richard Kelly – per ottenere la rimozione di contenuti relativi. Come ad esempio la produzione The Box That Saved Britain, i cui diritti sono in realtà detenuti dalla BBC . I legali di Warner Bros hanno parlato di ordini di rimozione non intenzionali.
A sbagliare sarebbe stato un software automatico per la ricerca dei file illeciti all’interno di Hotfile. La major statunitense non avrebbe il tempo di controllare tutti i file, da qui le richieste illegittime . Il cyberlocker aveva tirato in ballo anche un software open source fatto rimuovere da Warner senza autorizzazione. La casa di produzione ha sottolineato come lo stesso programma servisse a velocizzare i tempi di download delle sue opere.
Mauro Vecchio