San Francisco – I Feds seguivano l’aroma speziato della cucina araba, si appostavano accanto ai fast food nei quali gira instancabile lo spiedo su cui rosola il kebab, setacciavano i dati raccolti dalle gastronomie mediorientali di San Francisco. Raggranellare dettagli sulla vita di coloro che nutrono questa passione culinaria era per l’FBI una questione prioritaria: la cucina araba è cibo per terroristi iraniani .
Questa, spiega Congressional Quarterly Politics , era la convinzione che, a cavallo tra 2005 e 2006, ha mosso le indagini promosse dai vertici dell’FBI nell’area di San Francisco e San Jose.
Non è chiaro come si svolgessero le indagini: i gestori dei ristoranti fornivano spontaneamente i dati all’FBI? I federali inoltravano loro delle richieste affinché fornissero informazioni sulla clientela? Possibile: lo prevede la sezione 215 del Patriot Act , che consente all’FBI di ottenere da aziende e privati informazioni su soggetti sulla base di ragionevoli sospetti .
Nessun dettaglio nemmeno riguardo alla destinazione dei dati raccolti: mangiatore di felafel e kebab è una delle variabili contemplate dal famigerato Automated Targeting System per tracciare profili di immigrati e viaggiatori e assegnare loro un terror score ? Non è dato saperlo: l’esperto di sicurezza Bruce Schneier aveva già stigmatizzato la segretezza che avvolge il monitoraggio, capace di costruire una reputazione del cittadino nota esclusivamente allo stato.
Pare però che gli estimatori della cucina mediorientale possano ora dare sfogo al loro appetito. Al monitoraggio e alla raccolta dei dati riguardo ai frequentatori di chioschi e gastronomie arabe non è seguito alcun arresto . La tecnica investigativa ha avuto vita breve: CQ Politics riporta che Michael A. Mason, dirigente FBI, ha bloccato i lavori lo scorso anno. La pratica di inserire chi si nutre di cucina araba in una lista di terroristi sarebbe, a suo parere, ridicola e potenzialmente illegale .
Gaia Bottà