Washington (USA) – Mentre il Belpaese sembra reagire con lentezza e macchinosità all’avvento della rivoluzione VoIP , l’universo dell’associazionismo a stelle e strisce sta organizzando una dura battaglia civile per scardinare la normativa CALEA , una controversa disposizione governativa che obbliga ISP ed operatori telefonici ad introdurre backdoor e sistemi d’intercettazione dentro qualsiasi strumento per la comunicazione telematica.
Cresce lo scontento e crescono le adesioni alla campagna di protesta indetta dalla American Civil Liberties Union , storica organizzazione statunitense che si batte per la salvaguardia dei diritti civili e delle libertà individuali. Gerald Waldron, giurista e membro del direttivo ACLU, ha denunciato il caso presso la Corte d’Appello di Washington, convinto che “il governo statunitense sta tentando di minare pericolosamente l’innovazione tecnologica”.
Il gesto segue a brevissima distanza un altro assalto legale nei confronti del governo federale, lanciato dal Center for Democracy and Technology in associazione con l’ American Council on Education per intralciare l’entrata in vigore del CALEA, prevista per il 2007.
“Proprio mentre il mondo delle telecomunicazioni sta iniziando a sperimentare nuovi modelli e nuove tecnologie”, sottolinea Waldron, “il governo sta pretendendo l’impossibile, arrivando a mettere in discussione la libertà personale”. Il giurista ha paragonato il CALEA ad una legge che “costringe qualsiasi cittadino a fare un foro nelle pareti della casa che vuole costruire”, si legge in un’intervista rilasciata alle agenzie stampa, “permettendo alle forze dell’ordine di spiare in qualsiasi momento”.
Il problema è più grave di quanto possa sembrare, incalzano i portavoce di ACLU: “Se il CALEA entrerà in vigore”, sostiene uno dei responsabili dell’associazione, Chris Calabrese, “possiamo dire addio alla privacy su Internet”. La maggior parte dei servizi online che si sviluppano su scala globale operano infatti sotto la giurisdizione degli Stati Uniti – dalla telefonia VoIP così come in centinaia di altri settori, dall’hosting fino alla messaggistica istantanea offerta da grandi aziende del calibro di Microsoft o Yahoo! . Tutti dunque, anche molti di quelli sviluppati all’estero, potranno finire sotto il “grande occhio” di Washington.
Nel frattempo, FBI e deputati parlamentari continuano a sostenere la necessità del controllo totale su Internet . “Va fatto e basta”, sostiene Steve Martinez, zar del dipartimento telematico dell’FBI. “Dobbiamo farlo noi prima che i terroristi si impossessino di Internet”, suggerisce Martinez.
Tommaso Lombardi