Washington (USA) – La chiacchieratissima caccia alle informazioni dell’utenza web inscenata dal Dipartimento di Giustizia statunitense non riguarda soltanto i dati delle query di ricerca archiviati nei database di Google , ma colpisce ben 35 aziende informatiche che operano su Internet.
Le vicende attorno allo scontro tra il gigante di Mountain View ed il governo degli Stati Uniti appaiono ora soltanto come la punta di un iceberg assai più complesso ed inquietante.
Grazie alla legge sulla trasparenza degli atti pubblici, detta Freedom Of Information Act , la direzione del periodico TechWeb è infatti riuscita a mettere le mani sulla lista completa dei soggetti nel mirino dei giudici federali. L’ azione di forza del governo, volta a ripristinare una criticatissima legge di censura online in chiave antipornografica, non ha interessato solo i grandi motori di ricerca come Google, MSN o Yahoo , ma anche Symantec , McAfee e numerosi operatori telefonici del calibro di Verizon , AOL e Comcast .
I giudici federali hanno bussato alla porta di ISP, software house e produttori di firewall, alla ricerca di prove per giustificare la costituzionalità della legge in corso di riapprovazione. Le aziende raggiunte da ingiunzioni firmate da giudici federali sono: 711Net (Mayberry USA), American Family Online, AOL, ATT, Authentium, Bell South, Cable Vision, Charter Communications, Comcast Cable Company, Computer Associates, ContentWatch, Cox Communications, EarthLink, Google, Internet4Families, LookSmart, McAfee, MSN, Qwest, RuleSpace, S4F, SafeBrowse, SBC Communications, Secure Computing Corp., Security Software Systems, SoftForYou, Solid Oak Software, Surf Control, Symantec, Time Warner, Tucows (Mayberry USA), United Online, Verizon, Yahoo.
Le informazioni richieste dai giudici non si limitano, come esposto dai legali di Google, alle stringhe di ricerca inserite all’interno di un search engine . Il Dipartimento di Giustizia pretende dettagli specifici sulla configurazione dei firewall e dei filtri di sicurezza da parte degli utenti, statistiche sull’uso dei software di protezione online e informazioni sul tipo di contenuti filtrati. Decisioni che obbligano aziende come Surf Control o Secure Computing , specializzate nella produzione di filtri antipornografia, a rivelare informazioni probabilmente coperte dal segreto industriale.
Dure le critiche da parte di American Civil Liberties Union : “Dal nostro punto di vista”, dice l’avvocato Aden Fine, “il governo ha deciso d’andare a pesca, su scala nazionale, nel tentativo di dimostrare la costituzionalità d’una legge che contraddice il principio di libertà d’espressione”.