Washington (USA) – Una larga parte dell’enorme archivio informatico alla base del successo di Google potrebbe presto finire tra le mani dell’amministrazione federale americana. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti esige infatti la collaborazione dell’azienda californiana, con il rilascio di circa un milione di indirizzi web e una sterminata quantità di chiavi di ricerca utilizzate dagli utenti negli ultimi anni.
La cooperazione di Google, già sollecitato nel 2004 ma senza buoni risultati, è considerata d’importanza fondamentale per dimostrare la costituzionalità del Child Online Protection Act , COPA, una legge antipornografia abrogata nel 2004 dalla Corte Suprema ma recentemente riesumata dall’amministrazione Bush.
In alcuni documenti ufficiali resi noti dalla stampa californiana, emerge che il gigante di Mountain View non intende aiutare Washington ed anzi “si opporrà con forza a qualsiasi ingiunzione ed interferenza degli organi giudiziari federali”, sottolinea la legale di Google Nicole Wong. “La richiesta di informazioni appare fuori da qualsiasi ragionevolezza”, aggiunge la Wong.
La necessità di accedere ai database del motore di ricerca, secondo i giudici federali, è tuttavia essenziale. Questo perché la regolarità della normativa COPA, che introduce sanzioni e pene severe per i siti web erotici che forniscono liberamente immagini e filmati ai minorenni, non potrebbe essere assolutamente difesa senza questi dati.
“I dati in possesso di Google potrebbero essere utilizzati per produrre prove e materiale utilissimo in sede giuridica”, sostengono dunque alcuni portavoce del Dipartimento di Giustizia, “così da poter finalmente dimostrare la bontà della normativa COPA”.
Alcuni osservatori sostengono che quelle dei giudici federali sono pretese pericolosissime che vanno prese con estrema cautela: “Il peggior incubo di molti utenti sta avverandosi”, sostiene un esperto sulla privacy intervistato da un quotidiano locale. “Se la faccenda dovesse mettersi male”, conclude, “i consumatori inizieranno a pensarci due volte prima di fornire informazioni di alcun tipo a Google”.
Tommaso Lombardi