La divisione specializzata nello sviluppo delle auto senza pilota frutto della partnership tra Alphabet e FCA, Waymo, ha denunciato per violazione di segreti industriali e diritti brevettuali la startup Uber e la sua consociata Otto .
Waymo è la spin-off creata da Alphabet in collaborazione con FCA che ha il compito di gestire il progetto delle auto senza pilota di Mountain View, con l’obiettivo di arrivare alla commercializzazione di quello che al momento continua a essere poco più di un sogno, e che ad inizio anno ha presentato il prototipo della nuova Chrysler Pacifica dotata di tutti i sistemi sviluppati fin qui da Google. Rappresenta insomma il mezzo con cui Big G vuole premere sull’acceleratore sul fronte delle auto senza pilota e che ha già , stando a quanto annunciato dalla newco, sviluppato internamente l’intero parco di sensori e componenti per la guida autonoma : radar, Lidar, telecamere ed il software necessario a sintetizzare tutte le informazioni così ottenute e metabolizzarle per il sistema di guida.
Proprio questo successo, si legge nelle accuse di Waymo, sarebbe stato scippato da Uber: “La competizione nel settore delle auto senza pilota è una cosa positiva dal momento che spinge ognuno a fare del proprio meglio (…) ma crediamo che la competizione debba essere sostenuta dall’innovazione portata avanti nei laboratori e sulle strade, non attraverso azioni illegali”. Waymo riferisce di avere prove del fatto che sia Uber che Otto abbiano preso ed utilizzato componenti chiave della sua tecnologia driverless: il tutto in realtà è più complicato di una battaglia brevettuale standard, dato che al centro delle accuse di Mountain View vi è il ruolo dell’ingegnere Anthony Levandowski, ex ricercatore di vertice di Google passato a gennaio 2016 a Uber.
Secondo quanto sostiene Waymo, Levandowski avrebbe – nel dicembre del 2016 – installato sul suo laptop aziendale “software specializzato” per copiare 14mila documenti riservati relativi alla tecnologia Lidar , addirittura avrebbe manifestato agli ex colleghi la sua volontà di replicare tale tecnologia con i suoi avversari. E, appena due settimane dopo, avrebbe dato le dimissioni senza preavviso da Alphabet. La denuncia tira inoltre in ballo una serie di altri licenziamenti registrati da Waymo, dipendenti che avrebbero seguito Levandowski.
Da parte sua, Levandowski ha riferito di “non aver rubato alcuna proprietà intellettuale di Google”, nonché di “avere tutte le prove ed i passaggi per dimostrare che abbiamo creato tutto da zero”. Con un comunicato Uber ha offerto per il momento una risposta interlocutoria: “Prendiamo seriamente le accuse mosse nei confronti dei dipendenti di Otto e Uber e studieremo attentamente la questione”.
Claudio Tamburrino