Web 2.0, qualcuno pensa che sia una minaccia

Web 2.0, qualcuno pensa che sia una minaccia

I contenuti generati dagli utenti sono visti come avversari del business tradizionale: ma una ricerca di Accenture rivela che in realtà i manager di molte imprese tradizionali pensano di poterci lucrare sopra
I contenuti generati dagli utenti sono visti come avversari del business tradizionale: ma una ricerca di Accenture rivela che in realtà i manager di molte imprese tradizionali pensano di poterci lucrare sopra

Far soldi senza quasi muovere un dito : è quello che sperano di fare entro tre anni i dirigenti dell’industria dell’intrattenimento, grazie all’avvento dell’era degli User Generated Content , i contenuti “generati dagli utenti”.

Una ricerca Accenture ha coinvolto i nomi più importanti del settore negli USA e in Europa: se il 57% degli intervistati si dice preoccupato dell’impatto che i social media avranno sul loro lavoro , ben due terzi pensa di riuscire a lucrare sul web 2.0 entro tre anni.

In molti scommettono sulle iscrizioni alle community (come deviantART o Splinder ), o sul pay-per-play per i giochi online: ma c’è anche una consistente fetta del 24% che non ha ancora chiari i propri obiettivi . Secondo i manager saranno i cortometraggi come quelli di YouTube a fare la parte del leone in questa rivoluzione: ben il 53% indica quella come la risorsa principe del futuro, mentre i videogame si assestano su un più modesto 13%, seguiti da film e musica (11%), pubblicazioni generaliste (9%) e business publishing (4%).

A spiegare il cambio di direzione dei colossi come CBS o Universal Studios, ci pensa Roger Faxon (chief executive di EMI Music Publishing ): l’industria musicale si sta spostando da un modello di vendita ad un modello partecipativo, dove le decisioni vengono prese in base alle abitudini del consumatore invece che per logiche di vendita. Le aziende dovranno quindi adattare il loro ruolo, trasformandosi in entità capaci di valorizzare quanto di meglio ci sia nel panorama musicale e non creando loro stesse i contenuti.

Gli fa eco Leslie Moonves , chief executive di CBS , che parla di un panorama della distribuzione in continuo mutamento. La tecnologia offre al pubblico la possibilità di fruire dei contenuti secondo le proprie esigenze ed i propri gusti: ma senza un prodotto adeguato da veicolare, queste nuove piattaforme restano un guscio vuoto. La strategia vincente consiste quindi nell’investire in nuove forme di distribuzione dei contenuti, ma anche nel produrre materiale che i consumatori siano invogliati ad acquistare .

Punta nettamente al mercato digitale Doug Neil , vicepresidente di Universal Studios : “La distribuzione digitale dei contenuti vedrà crescere la sua importanza nei prossimi tre-cinque anni, grazie alla convergenza tra computer, TV e altri strumenti. Per avere successo in questo contesto devi innovare e anticipare i bisogni dei consumatori, prendendoti dei rischi e provando nuove strade”.

Tocca a Gavin Mann , capo dell’uficio Accenture che si occupa di media ed intrattenimento, tirare le somme sull’indagine. Secondo Mann si tratta solo dell’inizio di un rapido cambio di scenario, con i consumatori che guadagneranno sempre più potere e controllo in questo settore: “I consolidati media tradizionali dovranno adattarsi e sviluppare nuove forme di business per continuare ad aumentare il fatturato. La chiave del successo sarà individuare nuove forme di contenuti da affiancare alle attuali”.

Alla faccia di chi pensa ancora che gli UGC siano un fenomeno passeggero, tutti o quasi i principali attori in campo si stanno quindi muovendo verso l’osannato Web 2.0: le aziende ritengono di poter monetizzare questa nuova tendenza verso il social networking, e non esitano ad investire.

Eppure in Italia il fenomeno stenta a decollare , anche a causa dello scarso interesse mostrato da molti per le nuove tecnologie. La mescolanza tra la poca attenzione per questo tipo di iniziative e gli ostacoli frapposti dalle istituzioni sulla via della modernizzazione , di certo non favorisce lo sviluppo di nuovi modelli di business.

Luca Annunziata

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Pubblicato il
19 apr 2007
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