Presto il Regno Unito si staccherà dall’Europa e farà storia a sé (Brexit), ma almeno sul fronte della tassazione contro le aziende hi-tech le due entità indipendenti (UK e UE) sembrano convergere verso un obiettivo comune: i colossi tecnologici dovranno pagare le tasse, e non c’è paradiso fiscale che tenga .
A esporre quelle che al momento sono solo intenzioni sulla carta è stato il Cancelliere dello Scacchiere (equivalente del nostrano Ministro delle Finanze) Philip Hammond in un discorso al parlamento britannico , un intervento incentrato sulla presentazione del “budget d’autunno” che ha dato ampio spazio al ministro per trattare l’argomento.
Accanto agli oltre 600 milioni di sterline previsti come investimento nel settore tecnologico , ha spiegato infatti Hammond, lo Scacchiere prevede di inasprire il trattamento fiscale per quelle aziende impegnate a trasferire profitti e ricavi nei paradisi fiscali fuori e dentro la UE .
A cominciare dal 2019, Hammond si prefissa l’obiettivo di recuperare 200 milioni di sterline di tasse aggiuntive all’anno nel contrasto alle politiche di elusione fiscale particolarmente diffuse tra i colossi di rete, rafforzando per di più la pressione sui network di compravendita (eBay, Amazon) affinché forzino i venditori a pagare correttamente le imposte sul valore aggiunto (IVA in Italia, VAT in UK).
Contro i “furbetti del Web” come Apple e altri, attivamente e ferocemente impegnati a rincorrere paradisi fiscali ai confini della UE per evitare di pagare il dovuto, il governo britannico intende far valere il diritto di tassare le royalty trasferite all’estero ma riconducibili – almeno in parte – alle vendite effettuate in UK .
Hammond dice di essere al lavoro per trovare un modo di tassare i colossi tecnologici anche quando questi non hanno una “presenza tassabile” nel Regno Unito , un approccio che forse non risolverà del tutto il problema delle multinazionali esperte in elusione ma servirà a rendere chiara la “determinazione” di Downing Street contro il fenomeno.
Alfonso Maruccia