Se l’Europa continua a sonnecchiare, i suoi paesi membri sembrano pronti a ridestarsi sul tema Web Tax: a suonare la sveglia è stata ieri la Francia, confermando che a partire dall’1 gennaio 2019 i giganti del mondo hi-tech saranno sottoposti a un regime di tassazione per i profitti generati all’interno del territorio nazionale. L’Italia sembra avere intenzione di seguire a ruota.
Web Tax, l’Italia accelera
Dai palazzi della politica nostrana giungono notizie che sembrano dunque confermare le volontà manifestate di recente: se entro fine anno non si giungerà a un accordo a livello continentale (la scadenza è ormai prossima), si procederà in modo autonomo. Tassare i colossi del Web porterebbe nelle casse italiane denaro sufficiente a coprire almeno in parte le spese incluse in una manovra finanziaria ormai da lungo tempo oggetto di dibattiti e accese discussioni.
Impossibile al momento fare una stima precisa di quanto il paese potrebbe ottenere con la sua Web Tax: in Francia si parla di circa 500 milioni di euro all’anno e anche per l’Italia l’ammontare potrebbe essere su questo ordine di grandezza. Denaro proveniente sia da quelle realtà che operano nel territorio B2B sia dai servizi erogati nel mercato B2C, dunque direttamente all’utente o al consumatore finale.
Nel mirino le attività di Google, Apple e Microsoft, ma anche lo streaming di Netflix, Spotify e Amazon in virtù della piattaforma Prime, senza dimenticare Facebook che di recente ha scelto di staccare un assegno da 100 milioni di euro così da terminare ogni contenzioso con l’Agenzia delle Entrate.
L’esecutivo si divide
Ancora poco chiare percentuali e modalità di attuazione della Web Tax italiana che sembra ad ogni modo sempre più destinata a concretizzarsi entro i primi mesi del 2019. Si rivelerà di importanza fondamentale il supporto da parte dell’esecutivo, che però sul tema si divide: se qualcuno come il deputato leghista Giulio Centemero avanza la proposta di un raddoppio al 6% della quota discussa (e non approvata) lo scorso anno, tra i pentastellati sembra essere sostenuta la posizione del vicepremier Luigi Di Maio, contrario alla sua inclusione nella Legge di Bilancio poiché contribuirebbe a “distorcere il mercato”, come affermato nei giorni scorsi in Commissione di Vigilanza Rai.
La proposta di Boccia (PD)
Citiamo in chiusura il comunicato sulla questione ricevuto da Francesco Boccia, deputato PD e candidato alla segreteria del partito.
Far pagare le imposte indirette e dirette alle multinazionali del Web significa dare un messaggio molto chiaro: tutte le imprese sono uguali davanti al Fisco. Oggi non è ancora così nonostante le battaglie parlamentari fatte, i grandi colossi della Rete fanno concorrenza sleale a tanti piccoli commercianti e operatori italiani che ogni giorno pagano le tasse regolarmente. Al governo Conte chiedo coraggio. Possono attuare la norma esistente e se sono davvero liberi, ma non lo sono, dalle pressioni delle lobby, possono riproporre la Web Tax piena così come fu approvata nel 2013 e poi colpevolmente cancellata.
Nell’intervento di Boccia un cenno a quanto sta avvenendo a Parigi e una stoccata all’atteggiamento ritenuto troppo timido del governo gialloverde nei confronti dei colossi del mondo hi-tech. Viene inoltre fornita un’indicazione sulla possibile destinazione dei fondi raccolti.
È la proposta che sta portando avanti il Ministro Le Maire in Francia, ma la Lega resta silente e il M5S connivente con le lobby della Rete come avviene regolarmente dalla loro nascita. Fanno battaglie su tutto, ma quando si toccano i giganti del Web diventano invisibili e timidi. Il PD deve far propria questa battaglie di giustizia fiscale. Chiediamo che tutte le risorse della Web Tax vadano a finanziare il tempo pieno obbligatorio in tutte le scuole.