Web Tax, l'UE vuole vederci chiaro

Web Tax, l'UE vuole vederci chiaro

Come anticipato da tutti gli osservatori, Bruxelles apre un fascicolo sui nuovi obblighi previsti dall'Italia: rischiano di stridere con i principi del mercato unico
Come anticipato da tutti gli osservatori, Bruxelles apre un fascicolo sui nuovi obblighi previsti dall'Italia: rischiano di stridere con i principi del mercato unico

L’Unione Europea aprirà un’ indagine nei confronti della Web Tax , la discussa norma che impone l’obbligo di partita Iva italiana agli operatori della Rete che intendono vendere pubblicità nel paese.

L’azione è partita in risposta alla denuncia presentata da un privato cittadino, Marco Bazzoni, operaio metalmeccanico di Firenze che si è rivolto a Bruxelles per chiedere l’avvio di una procedura per eventuale infrazione delle normative comunitarie da parte dell’Italia: in passato è riuscito già ad ottenere di far partire un’azione nei confronti di Roma per violazione delle direttive europee sulla sicurezza sul lavoro.

Protocollata con il numero CHAP(2014)00001 , la procedura investigherà la presunta violazione da parte della norma italiana dell’articolo 16, comma 2 della direttiva europea 2006/123/CEE , la direttiva Bolkestein: grazie al tempismo di Bazzoni è in cima alla lista delle denunce che Bruxelles prenderà in esame nel 2014.

La cosiddetta Web Tax, anche detta Google Tax, attraverso l’imposizione dell’obbligo dell’acquisto di advertising online da soggetti dotati di partita Iva italiana, vorrebbe risolvere il problema della corretta tassazione degli incassi effettuati da parte di quelle aziende con sedi dislocate in diversi paesi (europei e non), in grado di scaricare su affiliate e controllate estere i guadagni con misure fiscali nella zona grigia della legalità.

È stata approvata a dicembre come emendamento alla legge di stabilità 2014 e subito dopo rimandata al 1 luglio 2014 con il decreto milleproroghe: tra i motivi del ritardo, che peraltro non si applica all’obbligo di acquistare advertising attraverso strumenti di pagamento tracciabili, scattato già dal primo gennaio, l’intenzione di porre rimedio ad una delle lacune della disposizione, la mancata (e dovuta) comunicazione all’Unione Europea dell’intervento su una materia di interesse comunitario .

La misura, fortemente voluta dal presidente della commissione Bilancio della Camera ed esponente del Partito Democratico Francesco Boccia, ha infatti l’indubbio problema di essere stata adottata in via unilaterale da Roma, senza sentire cioè il parere delle istituzioni europee, che peraltro in via informale avevano già sollevato qualche dubbio sulla questione.

Anche per questo contro la disposizione si erano levate notevoli polemiche. Da ultimo è stato il Presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, ad intervenire sulla questione definendo la web tax un “pasticcio inefficace”, anche perché “incompatibile con il diritto comunitario” ed “in evidente violazione dei principi del mercato interno e della libertà di insediamento e di scambio del diritto comunitario”.

Claudio Tamburrino

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Pubblicato il
16 gen 2014
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