La Commissione Bilancio ha rimesso mano al discusso emendamento conosciuto con il nome di Google Tax. La proposta normativa, a prima firma di Edoardo Fanucci (Pd), Sergio Boccadutri (Sel), Ernesto Carbone (Pd), Antonio Castricone (Pd) e Stefania Covello (Pd), era stata approvata solo pochi giorni fa dalla commissione Bilancio della Camera presieduta da uno dei principali sostenitori della misura, l’esponente del Partito Democratico Francesco Boccia.
In pratica, per risolvere il problema della corretta tassazione degli incassi effettuati attraverso l’advertising online da parte delle grandi multinazionali ITC, in grado di scaricare su affiliate e controllate estere i guadagni con misure fiscali nella zona grigia della legalità, il legislatore italiano voleva adottare una misura basata sull’obbligo di possesso di partita Iva italiana da parte degli operatori della Rete : un tipo di intervento considerato da molti osservatori un pericoloso ostacolo al futuro sviluppo dell’economia digitale italiana, nonché potenzialmente contraria alla normativa europea in materia di libera circolazione dei lavoratori, uno dei principi del mercato unico.
Nella versione modificata dell’emendamento – in un lavoro di revisione proseguito fino a notte fonda e probabilmente conseguente alla bocciatura da parte del neo segretario PD Matteo Renzi – è sparito il primo comma che parlava genericamente di commercio elettronico.
Ora, dunque, la Web Tax (che non è una vera e propria tassa aggiuntiva, ma che attraverso uno strumento come la partita Iva introduce di fatto diverse percentuali di emolumenti dovuti ed un diverso sistema di tracciamento e controllo) riguarda solo “spazi pubblicitari on-line e link sponsorizzati”.
Francesco Boccia ha commentato subito su Twitter la novità: “Ora è perfetta! Ok a p.Iva su ADV più ruling”.
#Webtax approvata senza comma 1. Ora è perfetta! Ok a p.Iva su ADV più ruling pic.twitter.com/1ZEEK6SI6w
– Francesco Boccia (@F_Boccia) December 18, 2013
Boccia, dunque, non perde il suo entusiastico supporto alla misura, nonostante la pioggia di critiche piovutagli contro da più fronti: a rispondergli direttamente è stata anche la rivista Forbes , che attraverso una nota di Tim Worstall respinge le accuse di essere piegato agli interessi delle grandi multinazionali, facendogli notare che le sue proposte rischiano seriamente di essere dichiarate illegali dalle istituzioni europee e che l’ incidenza dell’IVA ricade sul consumatore . Una nozione che il politico italiano dovrebbe conoscere avendo anch’egli passato quattro anni di ricerca alla London School of Economics come Worstall.
Non mancano gli osservatori almeno in parte favorevoli alla misura. Inoltre, a sua difesa è intervenuto anche Carlo De Benedetti, che sull’ Huffington post ha attaccato di riflesso Renzi, spiegando che “si tratta semplicemente di far versare le tasse a chi opera in Italia con una stabile organizzazione e fa enormi profitti vendendo pubblicità, libri, database sul nostro mercato. Un atto di giustizia fiscale”. Che oltretutto – dice De Benedetti – spronerà altri paesi europei a muoversi nella stessa direzione e Bruxelles a schierarsi sulla questione.
Curiosamente, il suo cognome è entrato nella discussione sulla legge di stabilità per l’altro argomento che ha sollevato numerose critiche: il Movimento 5 Stelle e Forza Italia hanno abbandonato l’aula per protesta contro l’approvazione di un emendamento che abbona al gruppo elettrico Sorgenia del figlio Rodolfo il pagamento di 23 milioni di euro dovuti per gli oneri di urbanizzazione legati alla costruzione della centrale elettrica di Tuano-Bertonico.
Tra i litinganti, invocano il dialogo Paolo Barberis e Luca DeBiase, che sono anche consulenti del Governo Letta sulle materie tecnologiche.
La legge di stabilità verrà votata, presumibilmente con lo strumento della fiducia, entro il 23 dicembre.
Claudio Tamburrino