L’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) ha approvato il nuovo regolamento in materia di web TV e web radio derivante dal decreto Romani sull’audiovisivo. Rinviata, invece, a metà dicembre la discussione sul diritto d’autore online e la pirateria.
Sospiro di sollievo (da scampato pericolo) soprattutto per l’assenza di una richiesta d’autorizzazione: se le prime notizie fossero confermate, si tratta di un testo più morbido del precedente. Come nel caso delle polemiche che hanno spinto a rivedere (e rinviare) le nuove norme sul diritto d’autore online (che, trapelate, sono state fortemente contestate dall’opposizione e dai netizen italiani), un ruolo rilevante è stato ricoperto dalle proteste sorte online e dalla remissione dall’incarico di relatore del provvedimento di uno dei commissari Agcom.
Alla fine è stato approvato un testo che (a differenza della bozza iniziale) innanzitutto esclude dalla regolamentazione i soggetti web radio e web tv più piccoli (individuati in quelli con un fatturato audiovisivo fino a 100mila euro annui). Nessun altro tipo di differenza, invece, è fatta tra emittenti web con palinsesto e senza (con video on demand). Sembra essere stata risolta, secondo quanto riferito da Alessandro Longo sulle pagine de L’Espresso , con una una soluzione veloce (e parziale) anche la questione YouTube: pur non facendo diretto riferimento al Tubo, nel testo si dovrebbe parlare di “motori di ricerca” esclusi, a meno che non abbiano una responsabilità editoriale e non facciano concorrenza alla TV. Criteri da valutare discrezionalmente caso per caso.
Gli obblighi previsti sono in generale meno rigidi di quelli inizialmente temuti: oltre all’assenza di un’autorizzazione necessaria, il testo approvato prevede la comunicazione d’inizio attività, contribuiti una tantum di 500 euro per le web TV e 250 per le web radio (mentre all’inizio si parlava di 3mila euro per entrambe), l’iscrizione in un registro, la registrazione dei programmi trasmessi, il rispetto delle norme sulla pubblicità, la tutela dei minori e l’obbligo di rettifica. Insomma, come specificatamente prescritto dal decreto Romani che l’Authority doveva solo trasformare in regolamento attuativo, sono stati estesi alle emittenti web gli obblighi che regolano l’attività delle TV tradizionali .
Quella che si è svolta in seno all’Agcom, d’altronde, è stata una battaglia accesa che non poteva però alla fine non tener conto del compito affidatogli dal Ministero: lo stesso Presidente Calabrò aveva espresso la sua volontà di vedere norme meno stringenti in materia. Alla fine due sono stati i commissari Agcom che hanno votato contro: Nicola D’Angelo e Michele Lauria, critici, in particolare, dell’estensione dell’impianto normativo tipico delle TV tradizionali e di come sia stata affrontata l’esclusione (vaga) di aggregatori come YouTube.
Agorà digitale, associazione di matrice Radicale, intanto minaccia di disobbedire alla normativa, mentre il senatore del PD Vincenzo Vita chiede di ascoltare il presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, in Parlamento e poter visionare il testo ufficiale per fare una valutazione completa.
Nella stessa occasione, infine, via libera al regolamento per la gare per i cinque multiplex per la trasmissione in digitale terrestre. Il testo, che ha ricevuto il parere favorevole della Commissione europea sulle modifiche apportate a seguito del ricorso di Sky , sarà ora pubblicato in Gazzetta Ufficiale e trasmesso al Governo, che dovrà varare il disciplinare: in palio ci sono tre reti per le nuove entranti e due per Rai, Mediaset e Telecom.
Claudio Tamburrino