Dopo due anni di lotta serrata con le major e l’industria discografica, le web radio tornano a respirare e a guardare con speranza dopo anni di tira e molla burocratico che hanno messo in crisi l’intero settore: per questo motivo, l’ accordo con le major e le aziende che gestiscono i diritti degli artisti viene visto di buon occhio. Accontentando, sembrerebbe, proprio tutti.
L’accordo, siglato da parte di aziende come Pandora, sembra risolvere la fase di stallo venutasi a creare nel 2007 con la stangata della Copyright Royalty Board , la cui decisione mise a serio repentaglio l’esistenza di numerosi servizi musicali online. L’ accordo , siglato con l’associazione per la gestione dei diritti dei performer SoundExchange, prevede innanzitutto un taglio dei costi di gestione e streaming dei contenuti musicali, stabilito in una quota che corrisponde all’incirca al 40-50 per cento dei precedenti accordi.
Alle aziende viene proposto un sistema che consente di pagare l’opzione che più genera ricavi: in particolare, le web radio pagheranno una cifra che si basa sul numero di brani trasmessi, con cifre che vanno da 0,08 cent a salire fino agli 0,14 cent previsti per il 2015, oppure, l’equivalente del 25 per cento dei ricavi annuali sul mercato statunitense. Per le aziende più piccole è anche previsto un calo delle cifre da versare, quantificabile intorno al 12-14 per cento dei ricavi annuali.
L’intera mossa sembra incontrare il gradimento da parte delle web radio, soprattutto da parte di Pandora, che non esita a definire il patto come “quello di cui avevamo davvero bisogno” per poi annunciare la “fine della crisi per le webradio” in un post sul blog ufficiale. Soddisfatta, in qualche modo, anche la controparte: nonostante SoundExchange definisca “equi” i compensi previsti in precedenza, descrive l’accordo come “un approccio sperimentale che consentirà ai webcaster di sviluppare diversi business model e garantire a chi crea musica di condividere il successo generato dai propri lavori discografici”.
Vincenzo Gentile