La Commissione Bilancio della Camera ha approvato l’emendamento alla manovra che di fatto autorizza la cosiddetta Web Tax . Si tratta di una proposta avanzata dal presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia e che ha trovato il benestare di maggioranza e opposizione. Si tratta di una nuova disciplina fiscale basata sulla regolamentazione dei rapporti tra aziende dedite al digitale e il Fisco . Colpirà nello specifico le multinazionali con ricavi consolidati superiori a un miliardo di euro e che cedano beni o prestino servizi nel territorio italiano per almeno 50 milioni di euro. A questi soggetti sarà riconosciuta la procedura di cooperazione rafforzata che si traduce in una migliore cooperazione su un argomento specifico e delicato come il pagamento delle tasse.
La misura intende arginare anche i numerosi contenzioni aperti contro i grandi del Web favorendo gli accordi continuativi . Per estinguere i debiti le aziende dovranno versare quanto dovuto e potranno pagare la metà delle sanzioni amministrative. Parte delle risorse recuperate saranno destinate a favore del fondo per le non autosufficienze e per progetti di politiche sociali. Le aziende quindi che operano nel nostro territorio in maniera stabile possono presentare un’istanza all’Agenzia delle entrate che valuterà l’accesso al regime di adempimento collaborativo . L’accertamento con adesione permetterà di far decadere anche il reato di omessa dichiarazione . Chi invece non certificherà la stabile organizzazione sarà ovviamente passibile di accertamenti da parte dell’amministrazione fiscale.
Il problema dell’ evasione fiscale da parte dei grandi del Web è di lunga data. E non riguarda solo il nostro Paese, ma tutti gli stati dell’Unione. Protette dietro a labili interpretazioni del concetto di che cosa significhi “stabile organizzazione” (requisito per versare le tasse al nostro Fisco) le aziende tecnologiche sono per anni riuscite a pagare le tasse dove era per loro più conveniente . Apple predilige l’Irlanda, così come Google. Anche se quest’ultima, grazie a particolari flussi finanziari, riesce a non pagare le tasse trasferendo i proventi alle Bermuda . Il Lussemburgo fa invece l’occhiolino ad Amazon con alcuni vantaggi fiscali che sanno di “aiuti di stato”.
Questa situazione è destinata a finire. Innanzitutto in Italia come in altri Paesi sono state portate avanti battaglie legali con buoni risultati (Google dovrà pagare 306 milioni di euro per sanare la sua posizione; Apple dovrà versare 318 milioni di euro; il conto presentato ad Amazon ammonta invece a 130 milioni di euro; e la lista è ancora lunga), ma soprattutto si è percorsa la strada dell’iniziativa legislativa . La Web Tax, seppur considerata da qualcuno come un “condono mascherato”, dovrebbe spianare la strada ad un approccio più proficuo tra multinazionali e casse dello Stato.
Mirko Zago