Alle volte la scarsità di opportunità lavorative canoniche unita alle possibilità di nuovi mezzi è l’origine delle idee. È il caso di James Huffman , attore americano residente a Los Angeles (come chiunque voglia fare questo lavoro ad alti livelli), impegnato in serie televisive indipendenti e progetti non particolarmente importanti, che ha deciso di affiancare a questa carriera anche dei progetti online ma non nella consueta veste di autore/produttore/attore/regista, come spesso accade per le webserie, quanto in quella di produttore e occasionalmente autore, come accade nelle serie per la televisione moderne. Il risultato di questo tipo di impegno e soprattutto delle scelte che Huffman (e gli altri) hanno preso riguardo la troupe è Catch , una serie davvero interessante che fa ruotare registi e sceneggiatori di episodio in episodio traendo il massimo vantaggio dall’eterogeneità.
L’idea alla base di tutto può ricordare American Psycho (psicopatici che attirano persone dell’altro sesso con appuntamenti per poi ucciderle in maniera efferata) ma è asciugata di qualsiasi critica all’edonismo anni ’80 o sottotesto sul concetto di doppio, e contaminata con le ansie sociali dei nostri anni.
Catch (arrivata al settimo episodio sui nove previsti per la prima stagione e dotata dei consueti episodi “extra”) procede con un filo conduttore ma senza un intreccio che si dispieghi linearmente di episodio in episodio. Quello che accade di volta in volta sono appuntamenti nel mondo reale tra persone conosciutesi in rete sull’immaginario sito di dating Catch.com . Ad ogni appuntamento capiamo un po’ di più su cosa scateni la violenza e quali siano gli elementi in ballo, il mistero sulla trama è chiaramente un elemento centrale ma ogni episodio è girato e scritto sufficientemente bene da non concentrarsi esclusivamente su di esso. Catch infatti evita il difetto tipico delle produzioni per la rete e invece di concentrarsi su quello che può essere il suo punto di forza opta per una scrittura appassionante ed interessante delle singole scene, riuscendo a gestire con abilità diverse trame contemporaneamente. Esemplare in questo senso è il sesto episodio, nel quale viene introdotta la figura del detective (interpretato da James Huffman) tenendo sullo sfondo (sia del racconto che proprio dell’inquadratura) l’ennesimo adescamento della serial killer della porta accanto.
Aggiornando lo stereotipo del serial killer senza eccessiva fantasia ma con gusto e conoscenza dei meccanismi e delle psicologie degli utenti medi dei siti di dating, Catch riesce a fare quello che ogni racconto dovrebbe fare: mettere in scena il proprio pubblico assieme alle sue incertezze o, in questo caso, paure.
Il discorso a latere della serie infatti rimesta nel calderone eterno della paura dell’altro e dell’intrinseco senso di colpa legato al cedere all’attrazione sessuale, mediata dalla fragilità propria dei rapporti maturati in rete che tentano di diventare reali. Senza voler fare atti d’accusa contro Internet (non sarebbe una cosa da webserie!), Catch introduce uno strisciante discorso che evita la banalità dei rischi della comunicazione in rete per centrare il modo in cui le fobie ataviche si perpetuino traducendosi nel linguaggio di Internet.
Ne esce una serie tra il gore e il poliziesco popolata da molti personaggi destinati a morire (per l’appunto gli utenti accalappiati dal sito di dating) che mostrano attraverso le loro stranezze una fragilità e una sete d’amore non saziata che sono spesso la cifra di quell’umanità nascosta che emerge con forza grazie all’anonima mediazione della rete.
Spiace vedere che un prodotto così interessante, ben fatto e appassionante (è pur sempre un poliziesco) non sia distribuito in maniera accorta ma semplicemente buttato su YouTube.
THE CATCH – EPISODIO 3
THE CATCH – EPISODIO 6
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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