È talmente periodica la scadenza con la quale compaiono online dei videoclip che esulano dai confini dell’audiovisivo come lo conosciamo (quello della tv) per mescolarsi con le potenzialità delle nuove tecnologie, che è difficile considerarlo ancora un caso, ma va anzi presa come una serialità. La produzioni di videoclip che sfruttano la tecnologia della rete è una consuetudine episodica.
Di tanto in tanto gli artisti più grossi o le etichette maggiori decidono di fare qualcosa di fuori dal comune per davvero, l’obiettivo è come sempre meramente economico: attirare più occhi possibili sfruttando l’effetto “strano”, “nuovo” o ancora peggio “interattivo”. L’esito però alle volte cambia di un po’ la maniera in cui guardiamo e pensiamo la videomusica.
Il problema di pensare nuovi formati per la rete è che sono esclusivi, non possono andare altrove e in alcuni casi non hanno senso altrove se non rivisti verso il basso nell’ampiezza delle loro idee. Dunque un prodotto che può essere sfruttato su un mezzo solo e che richiede una certa partecipazione del fruitore è di per sé qualcosa dalla vita e dal successo limitato. Un videoclip visibile senza intervento (cioè uno canonico) può essere goduto per anni, uno che richiede un certo input è un evento singolo, non ripetibile o quantomeno ripetibile con una certa noia.
In pochi hanno visto più d’una volta Ro.Me di Danger Mouse e Daniele Luppi che pure era molto bello o We used to wait degli Arcade Fire, eppure quelle idee rimangono impresse molto a lungo e influiscono negli sviluppi futuri più “ripetibili”.
Nella settimana scorsa, a brevissima distanza, sono usciti online due video diversi fra loro che allargano la portata e le potenzialità non solo della videomusica ma di ciò che si fa online più in generale. Il primo è stato Like A Rolling Stone di Bob Dylan , realizzato in occasione di una riedizione di tutta la discografia di Dylan in un box set da 47 CD, insomma una cosa grossa come grosso è il progetto che è stato realizzato dalla Interlude .
In pratica attraverso un player proprietario che simula la televisione è possibile con le frecce della tastiera girare lungo 16 canali. Per tutto il tempo della canzone i 16 canali mandano contenuti, simili a quelli delle tv tematiche satellitari (c’è anche una versione girata ad hoc di Affari di famiglia ), su ogni canale si canta Like A Rolling Stone. Anchorman che danno le notizie, protagonisti di un reality, attori di una serie tv o di un film, presentatori di quiz (c’è la versione americana di Ok il prezzo è giusto), sportivi e via dicendo, tutti fanno quel che solitamente gli vediamo fare in tv ma cantando Like A Rolling Stone. Nell’ultimo canale poi c’è un live di Bob Dylan autentico.
Un’idea da video tradizionale, che però lavora sulla “quantità”. Potendo fare l’utente stesso zapping è evidente che ogni canale ha materiale per tutta la durata della canzone.
In maniera più banale (dal punto di vista teorico) ma decisamente più impegnativa (dal punto di vista pratico) il cantante, produttore, compositore e attore Pharrell Williams ha realizzato per il suo nuovo singolo “Happy” un video che dura 24 ore .
Quando si va sul sito apposito il video parte all’ora del paese da cui ci si collega, ma manualmente si può cambiare e guardare cosa succede nelle immagini al tramonto, alle 16 o in qualsiasi altro orario. Per questo motivo molto è girato in esterni (altrimenti al chiuso ogni ora è uguale) e non mancano partecipazioni di nomi famosi come Steve Carrell, Jamie Foxx, Magic Johnson, Jimmy Kimmel e via dicendo, tuttavia accade ben poco, si balla di fronte alla videocamera e poco più. L’idea sembra stare più nella vertigine della quantità di materiale girato (24 ore) che nell’idea comunicativa.
Per questo, dei due, forse è la televisione che si coalizza per cantare Like A Rolling Stone, in una specie di immenso e anarchico messaggio a reti unificate preso da Bob Dylan, ad aver davvero rotto una piccola barriera, mettendo l’utente in una posizione diversa, il contenuto che più muta più rimane uguale a se stesso per esaltare ciò che non cambia: la canzone.
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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