La fantascienza. Il genere geek per eccellenza. Poche serie per la rete di carattere fantascientifico si sono rivelate davvero interessanti, poche hanno osato qualcosa e ancor meno hanno saputo farlo bene.
Ora due webserie arrivate in rete negli ultimi mesi si sono imposte per stranezza e dedizione nei confronti del genere, una americana e una britannica. La prima è The Immoral Dr. Dicquer , un viaggio molto allucinato, realizzato quasi tutto in post produzione dove soluzioni e idee visive, quanto meno realistiche e plausibili è possibile, creano un ambiente allucinato, un futuro distopico in cui tutto è andato male e che assomiglia al nostro recente passato (“L’anno del signore 1988”, recita il cartello). La seconda è Self centered , strano esperimento dalla trama canonica ma dalla narrazione interessante che mescola attori provenienti da contesti più professionali del solito a idee prese dalle serie tv americane, con un amore per il mistero ad oltranza che ne danneggia la fruizione.
Esperimenti estremi (in termini di messa in scena e di racconto) che non a caso si trovano nelle web serie di fantascienza. Da una parte il genere si presta alla decostruzione narrativa, dall’altra l’esigenza di mostrare il futuro o il futuribile con mezzi limitati impone una dedizione ed una fantasia maggiori della media, e da un’altra ancora si tratta del codice espressivo probabilmente meglio padroneggiato dalla tipologia umana che decide di rivolgersi alla rete per le proprie produzioni.
Per The Immoral Dr. Dicquer, serie diretta da Lindsey Schmitz e scritta assieme a Brad Lusher, il riferimento immediato è ovviamente David Lynch, lo si capisce dopo pochissimo. Ci sono musiche di tono diverso da ciò che è raccontato, una recitazione sospesa nell’aria, uomini con maschere di animali (che probabilmente sono personaggi dalla testa di animale) e infine trame che suggeriscono l’orrore.
La storia è misteriosa e volutamente fumosa, la comprensione non è certo aiutata da una messa in scena che in fondo è il vero valore aggiunto. La storia (almeno ad ora, arrivati al quinto episodio) racconta di un dottore che cura in maniera ambigua unicamente le donne, su cui indagano un uomo uccello e il suo mandante con le orecchie da coniglio con lo scopo di convincerlo ad acquistare un macchinario attraverso spot pubblicitari attraverso messaggi subliminali (in mezzo abbiamo anche nell’ordine: una donna cane, un bambino con maschera antigas e una fantomatica bikini-machine), ma è l’aria stranita e delirante che condisce il tutto a suggerire il genere d’appartenenza.
Non ci sono scenari futuri (anzi!) ma il sapore di questo racconto è quello della fantascienza disastrosa, un mondo disperato in cui tutta la decadenza che oggi temiamo possa prendere piede ha preso piede.
Molto più lineare e canonica è invece Self centered, serie in 6 episodi (ma una seconda stagione è già stata annunciata), diretta da Kevin Proctor e scritta da Steven Keevil. Una produzione tutta britannica dalla trama abbastanza banale: una donna, che dopo qualche episodio capiamo essere un’attrice nota, vive di droga e festini, tenta un’overdose letale e si sveglia in una strana clinica, qui un uomo le annuncia che deve salvare l’umanità ripulendosi e accettando un ruolo che le hanno proposto.
Nonostante le premesse la serie è molto più interessante di quel che potrebbe sembrare. Merito di un modo di raccontare, figlio diretto di Lost e Inception, in cui l’intreccio è più forte della trama. Il meccanismo di avanti e indietro tra le scene nella clinica e quelle nella vita vera della ragazza non sono flashback ma slittamenti da una dimensione all’altra che la stessa protagonista avverte e non riesce a spiegarsi. A metà tra due realtà i non detti e gli elementi di ambiguità fioriscono.
Attraverso questo espediente lo spettatore è condotto molto lentamente nell’universo della serie, introducendo due misteri per ogni indizio svelato, prolungando l’attesa, dilatando i tempi di soluzione e di fatto aumentando l’acquolina in bocca anche quando non accade nulla.
Metodo ed esecuzioni ineccepibili, sostanza però poca.
Da notare infine la protagonista, Kellie Shirley , poco riconoscibile da noi ma passata in serie tv come The Office e parte fissa del cast di Eastenders. Praticamente fa due ruoli, sfasciata e non, e da sola colloca subito la serie ad un livello di professionalità e di godibilità più alto della media.
THE IMMORAL DR. DICQUER – EPISODIO 1
SELF CENTERED – EPISODIO 1
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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