Le webserie sono una piccolissima parte di YouTube, ancora più piccola è quella parte delle webserie che racconta storie vere, spesso con il tono del documentario. Esiste da quando esiste YouTube e da quando abbiamo capito che online c’è spazio per fare un racconto pazzesco della realtà. Senza passare per le grandi storie o la fantascienza ma sfruttando al massimo il budget minuscolo che un documentario può avere, i documentari pensati per la rete mettono in scena storie e personaggi, reali o meno che siano, in grado di mostrare il mondo vissuto dalle persone.
C’è stata Donwsized ad esempio, una serie di finzione che raccontava la crisi economica in America prima che ci arrivassero cinema e televisione, come ci sono stati documentari piccoli o grandi su fatti o eventi totalmente marginali eppure significativi (uno anche in Italia, Non cresce l’erba ). Ora Garine Tcholakian alza l’asticella con un progetto contemporaneamente semplice e complesso come Subway Stories .
Al centro di ogni puntata c’è un personaggio dalla metropolitana di Toronto, cioè qualcuno che sta ai margini della società pur abitandola quanto gli altri. Musicisti che si esibiscono raccogliendo spicci dai passanti e che dietro di sé hanno le storie più diverse. Alcuni suonano da 10 anni, alcuni sono dei disperati, altri per nulla, sono solo degli appassionati di questo stile di vita e della musica. Alcuni sono anche musicisti professionisti.
Meritano un documentario? No. Ma una puntata di 5 minuti di una serie più grande sì. Non hanno cioè davvero una storia interessante in sé ma sono parte di un mondo che è interessante a piccoli bocconi. Sono parte del gigantesco racconto della realtà.
Il punto è che la sola idea di un documentario di 5 minuti non ha nessun senso, in teoria. Non ha senso pensare di affrontare una storia come quella che solitamente racconta un documentario in un tempo così breve, si può solo fare un rapido excursus o accennare un dettaglio. Invece cambiando gli argomenti affrontati, rimpicciolendoli, mettendoli in serie e soprattutto raffinando lo stile documentario, in serie come Subway Stories si opera un racconto completamente diverso rispetto a quello di cinema e televisione.
Se il documentario in televisione è quasi sempre fatto sociale, affronta argomenti d’attualità e ha la forma dell’approfondimento giornalistico, mentre quello al cinema si occupa di storie vere che hanno dei caratteri di eccezionalità tali da sembrare scritte, quello online racconta la vita nel suo svolgersi, piccole esistenze interessanti solo in 5 minuti di racconto, che non hanno più di un pugno cose da dire ma che insieme dipingono un mondo.
I busker delle metro di Toronto sono così, storie di ordinarie banalità da ascoltare per 3 minuti, la cui varietà è impressionante e che non sarebbero raccontate su nessun altro mezzo. In un certo senso è l’opposto dell’urgenza di mettere in scena qualcosa di clamoroso (non è clamoroso né c’è urgenza di farlo) ma lo stesso è una dimensione dell’immenso racconto del mondo che prende forma su YouTube. Quello che Life in a day plasmava in una forma filmica è ciò che internet da solo e in maniera caotica e disordinata (ma alle volte molto bella) fa ogni giorno.
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Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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