Raramente è capitato che lo YouTube italiano si sia mosso sul serio per prendere una posizione con o contro qualcosa, per puntare l’attenzione su quello che il comune sentire ritiene un problema. In questi giorni si è invece molto parlato online del Progetto Francesco Sole a partire da due video di Claudio Di Biagio e Dellimellow , in cui i due raccontano la storia (nota nell’ambiente ma poco nota al di fuori) di Gabriele Dotti, in arte Francesco Sole. Si tratta di uno youtuber che ha cominciato a mettere video sul proprio canale un anno e mezzo fa raggiungendo un buon successo, dietro cui c’è un’agenzia di comunicazione che fa capo a Francesco Facchinetti (che si occupa di altri nomi noti anche nati in rete come Frank Matano) che gli cura l’immagine, i video, il canale e via dicendo. Non un MCN ma un team che usa Dotti come volto.
A prescindere da dove sia partito tutto (se cioè Sole sia stato notato da Facchinetti o se l’abbia scelto fin dall’inizio) si tratta di uno dei primi esempi di youtuber “industriale”, cioè creato ad arte per raggiungere un successo tale da giustificare la sua presenza come presentatore in programmi televisivi delle reti generaliste. Il percorso non è troppo diverso da quello che ha portato molti altri nomi noti ad emergere, solo è passato attraverso internet. La costruzione di un talent secondo i dettami della moda è un pratica nota e vecchissima (in questo caso la moda è un po’ YouTube e molto la retorica dei giovani che ce la fanno). Solo la musica, a partire dagli anni ’90, ha abusato di quest’idea attraverso band o artisti di immenso successo create dalle case discografiche più abili.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso (apparentemente) è stato l’endorsement di Selvaggia Lucarelli (sempre appartenente alla scuderia Facchinetti) con un post in cui decanta l’originalità e la spontaneità di Francesco Sole. Come tutti i progetti studiati a tavolino infatti Sole ha vissuto nell’ambiguità di non dire mai di avere un’agenzia di comunicazione alle spalle (nemmeno gli One Direction lo dicono, solo che nel loro caso è di dominio pubblico la nozione che le boy band non nascano spontanee). Ovviamente Selvaggia Lucarelli ha risposto spostando il centro della questione (sull’odio online ecc.) e da tutto ciò è arrivata ancor più eco e notorietà per lei e per il progetto (lei sostiene sia buono per Sole, ma sul paradigma “basta che se ne parli” negli anni di internet c’è da avere forti dubbi). Infine, come nelle peggiori sceneggiature, è arrivato inesorabile e puntuale anche il vittimismo di Francesco Sole .
La cosa interessante è che quel che a Di Biagio e a molti altri che hanno protestato con l’hashtag #selvaggianonmentire ha dato fastidio è l’inganno, il fatto che Francesco Sole attinga da varie fonti per i suoi video (ne avevamo già parlato a proposito del suo “rifare” la webserie francese Bref) e i suoi libri, che metta in scena qualcosa di fasullo in un canale (internet in generale e YouTube nel particolare) che si è caratterizzato fino ad ora per una “certa” spontaneità. E in quel “certa” sta tutto.
Perché se tutto quel che si dice sotto l’hashtag #selvaggianonmentire è vero (per quanto esagerato e apocalittico) e online agiscono più che altro vere persone (che nel 99 per cento dei casi fanno veri video brutti), è altresì vero che il video online si basa sulla menzogna fin dai suoi esordi, si basa cioè sull’inganno e una certa forma di truffa come forma espressiva. Era una truffa lonelygirl15 , la prima webserie di sempre, che si proponeva come un videoblog e invece aveva un team di autori laureati in una scuola di cinema dietro di sé (un successo epico che fu smascherato da utenti e giornali), era una piccola (innocentissima) truffa uno dei primi video di successo dei TheJackaL (che non dichiarava d’essere parodia e girò molto perché c’era chi credeva fosse vero) e, per venire ai tempi recenti, è una parodia, o satira se volete, Martina Dall’Ombra .
Certo, Francesco Sole è ad un altro livello, non è parodia, non “usa” l’inganno per dire qualcosa come tutti gli esempi fatti ma solo per il proprio tornaconto. Tuttavia se la costruzione di una star è qualcosa di noto, comune e normale in tutte le altre forme di comunicazione, non poteva mancare la rete, dove la menzogna è un mezzo espressivo. In questo senso è un errore sostenere che Sole e Facchinetti contaminano la rete con dinamiche da televisione, perché la rete si basa su queste dinamiche più che la televisione.
La battaglia capitanata da Di Biagio e Dellimellow è senz’altro stimabile, guidata di ideali nobilissimi e corretta in tutto e per tutto nei riferimenti, ma è più simile alle corse contro i mulini a vento che ad altro. La cosa più interessante è semmai come, dopo che molti sono riusciti a usare la rete come trampolino di lancio, ora anche realtà strutturate, che provengono da altri media (Facchinetti) si sono misurati con un progetto che sfruttasse non più la musica o la televisione ma internet per poter arrivare lì. Tutto questo dimostra che YouTube, anche in Italia, è un mezzo di produzione industriale a tutti gli effetti, che si caratterizza quindi (tra le molte cose) anche per l’adesione alle più consuete e trite regole del marketing, in cui non si misurano solo gli utenti spontaneamente ma anche e soprattutto le agenzie meno spontanee.
È un’affermazione necessaria, un passo in avanti nei termini di accettazione della piattaforma da parte di tutti, un passo che non era scontato. YouTube come strumento nelle mani di tutti tranne che di chi lo usa nelle maniere più spietate è un mezzo immaturo.
Non prendeteci per il culo #selvaggianonmentire
#selvaggianonmentire Distruggiamo Francesco Sole
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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