WebTheatre/ I luoghi della Rete

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di G. Niola - Status: Kill torna online, depotenziato. Oltre a mettere in scena i vizi dei cittadini della rete, dà forma e sostanza all'immaterialità dei social network
di G. Niola - Status: Kill torna online, depotenziato. Oltre a mettere in scena i vizi dei cittadini della rete, dà forma e sostanza all'immaterialità dei social network

Circa due anni fa Status: Kill arrivava su internet in forma di miniserie composta da soli 3 episodi, era in sé un piccolo salto in avanti per le webserie. L’esperimento di Jesse Cowell (che arrivava dopo il bellissimo Drawn by pain ) era in assoluto tra i primi a riflettere sulla rete, le sue dinamiche e il modo in cui interagiamo con essa (o tra di noi tramite essa), cercando una declinazione reale di ciò che reale non è.
La sua webserie raccontava di un agente segreto in un futuro prossimo, che durante una missione è tempestato di notifiche da un social network cui è iscritto e con il quale interagisce in realtà aumentata. Non solo le continue notifiche lo disturbano ma in certi momenti conquistano la sua attenzione a scapito dei rischi mortali che corre.

status kill 2

Si trattava di un racconto condotto sul filo della parodia, con un impianto da fumettone (il villain era il re del mail bombing , responsabile di gran parte dello spam del pianeta) ma l’intento rimaneva chiaro: raccontare per vie traverse il rapporto malsano che esiste dal momento in cui lavoro e vita personale (nella forma delle interazioni da social network) coesistono nel medesimo mezzo di comunicazione.
Il progetto rimase lì dopo quei tre episodi fino a che Cowell non è diventato direttore dei contenuti di My Damn Channel, una delle piattaforme più importanti per il video online e recentemente diventata uno dei canali sponsorizzati di YouTube. Ora una seconda stagione di Status: Kill è andata online ed è finita circa un mese fa.

A distanza di due anni dunque è tornato l’agente Sparks e il social network fittizio TweetFaceSter. Questa volta la durata è maggiore (una decina di episodi) e non si è trattato più di un’unica storia ma di diversi episodi rievocati in flashback dallo stesso agente (che li introduce all’inizio nella classica inquadratura da vlog), ognuno legato ad una mania, una compulsione o un’idiosincrasia da social network.
Questo diverso tipo di serialità ha un po’ nuociuto alla forza dello spunto. Se ogni episodio della seconda stagione prende in giro una mania da social network (il check-in, gli auguri di compleanno esagerati, le foto di cuccioli ecc.) il fuoco passa dal mezzo in sé alla stupidità di certi utenti, di fatto svilendo l’universalità dell’idea.

La seconda stagione di Status: Kill non è andata bene per niente, poche visualizzazioni, probabilmente la ripetitività e banalità dei contenuti, oltre alla fattura decisamente più povera e approssimativa non hanno giovato. In più nel calderone dei contenuti del canale YouTube di MyDamnChannel (che a differenza del passato non usa più un player proprietario) probabilmente non è stato nemmeno promosso come avrebbe dovuto.

Eppure un momento significativo la serie l’ha regalato. È stato quando, nell’ultimo episodio, si è scoperto che i diversi flashback dell’agente erano in realtà una serie di esempi e racconti che stava facendo ad un funzionario di TweetFaceSter nel tentativo di convincerlo a cancellare la sua iscrizione al network. La puntata è sull’ultima delle idiosincrasie da social network (anzi da Facebook) ovvero la quasi impossibilità di uscirne e per raccontarla TweetFaceSter viene rappresentato come un grande palazzo da uffici composto da diverse aree dedicate ognuna alle sue caratteristiche base e colma di utenti lobotomizzati che mandano poke compulsivi, auguri di compleanno, tag a caso e via dicendo.
Nel fare questo Status: Kill ha cercato di perseguire uno dei percorsi più interessanti delle webserie ovvero cercare di dare immagine e sostanza (tramite metafore) ai luoghi della rete, cercare di creare una dimensione reale per ciò che non lo è. Il re di questo è stato sicuramente Lost in Google e il fatto che Jesse Cowell sia arrivato ad esiti simili senza (quasi sicuramente) aver visto la webserie di The JackaL è segno che si tratta di un’esigenza e un’ossessione visiva comune a molti.

STATUS: KILL – SECONDA STAGIONE – EPISODIO 9 Quitting

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

I precedenti scenari di G.N. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
20 dic 2012
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