Arriva dall’Islanda una serie che è un caso strano della Rete. Girata in inglese per il pubblico mondiale (le poche parti in islandese sono infatti già sottotitolate), vanta anche una introduzione di Steven Schirripa , attore noto per la partecipazione a I Soprano , e si tratta in sostanza di un prodotto ad alto budget girato dall’islandese Olaf de Fleur Johannesson , già regista di diversi documentari per il cinema, incentrato sul tema fascinoso del “lavoro” degli angeli.
CircleDrawers infatti si basa su un’idea interessante e ha il merito di portarla avanti con una realizzazione estremamente professionale da tutti i punti di vista, non solo da quello più scontato della scrittura. Si racconta appunto degli angeli, angeli senza ali ma con cartelline e valigette che fanno un lavoro burocratico per conto dell’amministrazione nel senso più alto del termine, cioè per conto di Dio. Tutta la cosa però non è affrontata dal più prevedibilmente comico dei punti di vista, la serie è molto austera e si pone delle serie domande sulla natura umana, sulle aspirazioni e il libero arbitrio .
Gli angeli di CircleDrawers sono molto organizzati, hanno una rigida gerarchia e compiti da eseguire, desiderano ardentemente diventare umani anche se cercano di mostrarlo il meno possibile, non sembrano per nulla lieti e felici anche se cercano (per lavoro) di fare del bene intervenendo nelle vicende umane. In particolare la serie gira intorno ad Oleg, un angelo inviato da una stazione russa a controllare e fare un report su come la stazione islandese lavori al caso di Lewis, un altro angelo che stranamente vive da umano da ormai 20 anni.
Leggendo la trama e guardando un episodio a caso della serie (ora arrivata al settimo) ci si rende conto immediatamente dell’elevato livello qualitativo. La scelta che è stata fatta anche a livello produttivo è chiara. CircleDrawers è un lavoro professionale in tutti sensi e si pone senza dubbio come un prodotto di serie A eppure non raccimola quello che dovrebbe. Nonostante un posizionamento su Blip e uno su YouTube , la presenza su Facebook e tutta una serie di iniziative di passaparola, non riesce ad attrarre i visitatori che meriterebbe e che indubbiamente (dato il tipo di produzione) sta cercando.
Quello che la divisione del pubblico in Rete ci sta insegnando e che il caso di CircleDrawers ci ricorda è che la complessità non paga . Questo non significa che occorra produrre in maniera amatoriale, ma che occorre essere molto molto semplici, cosa che non solo può essere fatta bene, ma che è probabilmente anche più difficile.
Una webserie realizzata con indubbio gusto e qualità come CircleDrawers infatti risulta molto pesante e di difficile fruizione sulla finestra del computer e con i tempi brevi che caratterizzano i video in Rete. I punti di inquadratura particolari, i viraggi di colore, la macchina a mano e il raffinato modo di giocare con le inquadrature non fanno che appesantire eccessivamente la fruizione, portando ad una stanchezza generale nello spettatore che non giova.
Il video di domani, fruito dalla finestra di un browser o comunque dal monitor di un computer, appare più scarno di un film e più agile di una serie tv. Qualcosa che sovraccarichi poco i sensi senza però rinunciare ad un modo raffinato di proporre i propri contenuti e veicolare le proprie idee. Adattarsi alla rete vuol dire asciugare e abbracciare la filosofia per la quale less is more.
EPISODIO 3 – A BOY NAMED LEWIS
EPISODIO 4 – MARCUS AND MOSES
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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