Il musical davvero non è nelle nostre corde. Anche al cinema al massimo abbiamo prodotto musicarelli, cioè film con cantanti presi come attori che li usavano come veicoli per promuovere le proprie canzoni. In TV c’è stata una stagione d’oro di parodie musicali, ma è bruciata in fretta e non ha lasciato tracce. Il musical intenso come narrazione fatta in musica, contrappuntata dalla musica o fondata sul canto, non ci appartiene. Anche se abbiamo un passato di grande opera o forse proprio per quello.
Tutto il contrario degli Stati Uniti dove anzi il musical è praticato a tutti i livelli e con buoni risultati in diversi generi. Tanto che le webserie hanno attinto immediatamente a quella fonte, sia mutuando le riduzioni teatrali che generandone nuove e interessanti versioni.
Il primo esperimento italiano in materia di musical è One Month , la webserie scritta da Flavio Gismondi e diretta da Piergiorgio Seidita. Sulla carta un’idea perfettamente funzionante, in video decisamente meno. Racconta di un omicidio in un’accademia di canto, un ragazzo che si suicida davanti ad una videocamera di sicurezza, e di una psicologa chiamata ad aiutare i ragazzi che, inevitabilmente, finirà per indagare i molti misteri messi sul tavolo già nel primo episodio. L’indagine di un micromondo attraverso l’inserimento di un personaggio esterno, un classico.
Delle molte tipologie di musical (quello tutto musica, quello in cui le canzoni portano avanti la storia e quello in cui le canzoni sono un momento separato dalla storia), One Month sceglie la strada delle canzoni fini a sè stesse, momenti musicali che non abbiano finalità narrative dirette ma solo il compito di rendere uno stato d’animo o idealizzare un momento attraverso la musica e e le immagini in armonia con essa. Tutti i brani sono rigorosamente originali, composti da Gismondi ed eseguiti da parte del cast (che comprende un paio di volti noti televisivi).
Il problema di One Month però è che manca totalmente di ritmo narrativo e sembra più interessato a mettere in mostra la musica in maniera poco inventiva che a raccontare una storia o quantomeno a fondere le due dimensioni (audio e video).
Il primo episodio della webserie (di 15 minuti) mostra una realizzazione sconfortante, in cui anche i momenti migliori (una camminata nel parco semi-innevato, l’incrocio con una studentessa che accenna una canzone) si perdono nel magma dei restanti 14 minuti di approssimazione pura. Non si tratta infatti solo di una recitazione svogliata, innaturale e totalmente fuori tono (a quello ormai si è abituati) ma anche di un ritmo e di una scrittura privi di guizzi o anche delle minime regole di linguaggio audiovisivo.
Inutile citare le ristrettezze di budget. Primo perchè le idee non costano niente, sono gratuite; secondo perchè il cast, come detto, vanta un paio di volti televisivi; e terzo perchè a parità di ristrettezze si può fare di molto meglio .
ONE MONTH THE SERIES – LEGAMI
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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