È stata rilanciata da un articolo del Corriere.it nel corso della settimana scorsa Fessbuc , la serie per la rete italiana incentrata intorno ad un’agenzia pubblicitaria e ad un social network fittizio ma chiaramente ispirato ad un altro più noto. Segno che le serie per la rete italiane, specialmente dopo l’arrivo di Flop.tv, cominciano non solo a crescere in quantità ma soprattutto a guadagnare in visibilità ed interesse. Cominciano insomma ad entrare nell’agenda dei media mainstream eppure c’è qualcosa che manca. Dove sono gli utenti?
Non che non ci siano spettatori, Fessbuc, anche grazie all’involontario traino del quasi ominomo film andato nelle sale recentemente (Feisbum, in nessun modo collegato alla serie), sta riscuotendo un moderato ma confortante successo sia in termini di visite che di feedback. A mancare sono gli utenti che imbracciano la videocamera e girano qualcosa di diverso, di più adeguato alla rete, di più personale, magari fatto peggio ma audace.
Fessbuc non può essere questo, nonostante non voglia sembrare tale è un prodotto professionale, alle spalle c’è Videobox , società di gestione eventi legati allo spettacolo, e Davide Crestani , già sceneggiatore di produzioni per la televisione (principalmente Mediaset) qui in veste di co-sceneggiatore, montatore e curatore di tutta la post produzione, il che per le agili produzioni per la rete significa “regista”.
Non stupisce quindi che si tratti di un prodotto paratelevisivo e che non abbia nulla di quel linguaggio cinematografico e di quella vicinanza alla vita di chi guarda che sono invece la caratteristica principale e migliore dei migliori prodotti d’oltreoceano. La storia anche è concepita non tanto come un flusso ma più come episodi in grado di essere fruiti singolarmente (nonostante esista una trama che li lega), un modo di procedere quindi che ricorda gli esperimenti televisivi di successo come Camera Cafè.
La realizzazione dei due episodi al momento online e la presenza di alcuni volti già visti in televisione suggerisce anche che ci sia un budget mediamente alto (per gli standard della rete), un investimento ponderato che necessita di ritorni e quindi di garanzie, come accade in qualsiasi produzione seria per la televisione o per il cinema. E proprio qui è il punto. Perchè Fessbuc, con tutto che è un esperimento per il nostro paese inedito e quindi virtuoso per come può mostrare le possibilità del video in rete, è fisiologicamente lontano dalla frontiera della sperimentazione.
Davide Crestani è un professionista del settore che cerca di portare un tipo di lavoro simile a quello che già fa per la televisione nel mondo della rete, piegandolo, adattandolo per scoprire le potenzialità del medium e magari fare qualcosa che non gli consentirebbero di fare altrove. Non sta certo a lui o a professionisti come lui spostare avanti la frontiera, non sta a questo tipo di prodotti raccontare “altre storie”.
Le esigenze di una produzione che esige un ritorno (se non monetario almeno di immagine) cozzano con la possibilità di sperimentare cose nuove e mostrare con audacia contenuti o forme differenti dal solito, quindi Fessbuc, come altre serie in precedenza e come capita spessissimo anche negli altri paesi, non può che battere in rete strade già battute in televisione solo adattando la lunghezza. Nulla di male, non è da questo che si giudica un prodotto, ma è ancora una volta un indicatore del fatto che da noi la rete manchi di cittadini attivi.
A fronte di infinite schiere di cortometraggi inviati a festival piccoli e grandi e mai visti altrove (anche se vincenti), a fronte di tantissimi lungometraggi girati e poi mai distribuiti o magari messi online senza criterio (in download in un troncone unico o non adeguatamente distribuiti) non esistono anche filmaker indipendenti, studenti o semplici amatori che producono con l’idea di far funzionare tutto online. Tutti gli sforzi profusi per girare lungometraggi o cortometraggi con passione non sono mai diretti alla rete, chi vuole fare questo lavoro non la concepisce comun buon trampolino e chi vuole farlo per passione ma seriamente non ne viene stimolato. Forse è ignoranza delle possibilità del mezzo, forse è snobismo.
Di sicuro però traghettare contenuti televisivi in rete è un conto e può funzionare (come sembra fare Fessbuc) ma realizzare qualcosa di diverso, personale, appassionato e fuori da ogni canone è un altro paio di maniche. La rete dovrebbe essere il terreno d’elezione per queste cose, il luogo dove chiunque può pubblicare e pubblicizzare le sue cose gratuitamente, eppure non è così e gli unici prodotti che guadagnano uno spazio sui giornali o su qualsiasi altra forma d’informazione sono gli anelli di congiunzione tra il modo canonico di produrre e quello che dovrebbe essere il nuovo ed ignoto magma da esplorare.
FESSBUC – EPISODIO 1
FESSBUC – EPISODIO 2
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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