WebTheatre/ La fine della serie (non) fatta dagli utenti

WebTheatre/ La fine della serie (non) fatta dagli utenti

di G. Niola - Gli spunti degli utenti hanno accompagnato questa webserie italiana per tutte le puntate. E la bravura degli autori è stata quella di sfruttare i commenti per costruire a modo proprio
di G. Niola - Gli spunti degli utenti hanno accompagnato questa webserie italiana per tutte le puntate. E la bravura degli autori è stata quella di sfruttare i commenti per costruire a modo proprio

Finalmente è finita e, una volta tanto, la chiusa ad una trama per necessità intricata e arrovellata (visto l’obbligo di utilizzare alcuni tra i più disparati suggerimenti degli utenti), non è risultata insoddisfacente. Si tratta di Lost In Google , webserie italiana tra le più note per la quale di certo l’indice di gradimento sorpassa di gran lunga i numeri delle view (comunque alti, una media di 250mila ad episodio).
Ci è voluto un anno intero per produrre e mettere online 5 puntate più un numero zero (datato giugno 2011, se ne parlò già a Novembre), un modello produttivo folle che ha dato vita ad un esperimento a suo modo unico, non tanto per l’idea dei commenti che si inseriscono nella storia, quella già da tempo è stata alla base di webserie, quanto per quella di una serie online dagli intervalli dilatati oltre ogni limite (circa un episodio ogni 2 mesi con durata crescente, dai due minuti del numero 0 fino ai 22 dell’ultima puntata) che si nutrisse più del dibattito e dell’attività tra episodio ed episodio che dei momenti in cui una nuova puntata va online. Insomma, una webserie per la quale l’attesa fosse simile a quella che esiste per le nuove stagioni delle serie televisive americane.

Lost In Google

Con un titolo che fa riferimento diretto a quello che è stato e continua ad essere un modello per la struttura di moltissime webserie (Lost), i TheJackaL hanno operato un racconto realmente metainternettesco , non senza qualche stupideria demenziale, ma sapendo trovare anche momenti di vera astrazione metaforica. Google rappresentato come un’immenso spazio bianco in cui persone e oggetti attendono di essere cercati, Wikipedia a forma di biblioteca (questa era facile), YouTube materializzato come una grande sala cinematografica in cui i mascherini (cioè le etichette in sovrimpressione) sono le maschere che strappano il biglietto e consegnano fogli per commentare o infine l’attacco dei meme alla città (ispirato da un noto video online ), hanno dimostrato una capacità che da tempo si attendeva online, ovvero quella di operare un racconto finzionale in grado di riflettere sull’uso che facciamo della Rete.
È banale sottolineare come Lost in Google sia una serie che in realtà parla di internet, di come l’usiamo e di cosa vi accade, meno lo è notare come il cuore della webserie stia nel modo in cui è riuscita a mettere in relazione il rapporto che la vita online stringe con quella reale. E questo è avvenuto sia sul piano della forma (i commenti inseriti nella storia) che su quello del contenuto (l’entrata e uscita dei personaggi della serie da internet).

In tutto questo però il motto di marketing cavalcato dagli stessi TheJackaL, quello di una webserie scritta (o co-scritta) dagli utenti, è grossolanamente fasullo e fuorviante, o quantomeno non più vero dell’idea degli spettatori del cinema come autori dei film che vedono. In entrambi i casi (Lost In Google o un qualsiasi film) chi scrive e gira il prodotto si appoggia a del materiale ideato da sé (il canovaccio di trama) selezionando indizi o seguendo i gusti del proprio pubblico che online vengono nella forma dei commenti, mentre al cinema in quella dei feedback delle proiezioni di prova o le reazioni a film simili precedenti. Quel che conta però è che alla fine è l’autore (o gli autori) a scegliere cosa escludere e cose includere nel racconto.
Selezionare 10 o anche 20 commenti da un mare vasto non è molto diverso dall’inventare un film di genere, si tratta comunque di selezionare svolte, idee ed elementi a partire da un elenco già esistente, utilizzando la propria creatività e la propria sensibilità per mettere in immagini questi stimoli e unirli in un racconto che generi senso. Non c’è quindi vera azione da parte degli utenti, solo una valanga di suggerimenti vaghi e slegati, mentre il modo in cui questi sono scartati, selezionati, trasportati in immagini, armonizzati, montati, messi in relazione o anche solo presentati sta comunque agli autori. E questa è l’essenza del dare vita ad una storia.
Lost in Google non è assolutamente fatta dagli utenti, è fatta (e molto bene!) da TheJackaL, e l’accortezza di mettere in evidenza i commenti è una forma di commento e narrazione molto intelligente e molto più raffinata della semplice esposizione dello spunto.

In Lost In Goolge infatti i commenti solitamente spiegano cosa succeda, illustrano i passaggi narrativi più complessi o i salti logici meno immediatamente comprensibili. Dove si trovi un personaggio, perché sia accaduto qualcosa o a cosa sia dovuto un certo evento, sono tutti tipi di informazioni che nella webserie vengono veicolati attraverso il pop up di un commento realmente postato. In questo modo TheJackaL evitano ogni “spiegone” di sorta, non fanno mai fare lunghi discorsi o lunghe conversazioni ai propri personaggi per illustrare gli eventi, lasciano che sia questa forma di narrazione parallela a darne conto per concentrarsi sul reparto immaginifico, che, non a caso, è il punto di forza di una webserie che si può permettere il lusso di procedere di situazione in situazione, di immagine in immagine, senza curarsi troppo di sviluppare il racconto in fase di sceneggiatura, perché l’esposizione dei commenti svolge quella funzione.

E proprio considerando l’ottima base di postproduzione (sono loro anche i responsabili degli effetti speciali di Freaks) è evidente che il successo di Lost In Google non è dovuto alla sua presupposta interattività (che anche se fosse stata tale comunque avrebbe riguardato una minuscola fetta di pubblico), quanto alla ben più interessante e complessa capacità di dare sostanza digitale ad un mondo che immagini non ha, di raccontare ciò che non è stato ancora raccontato. Che poi è il vero margine di novità che ogni webserie che si voglia definire tale dovrebbe prefiggersi di raggiungere.

LOST IN GOOGLE EP. 0

LOST IN GOOGLE EP. 5 – LOST IN LOST IN GOOGLE

Gabriele Niola
Il blog di G.N.

I precedenti scenari di G.N. sono disponibili a questo indirizzo

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Pubblicato il
19 lug 2012
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