Lena Dunham è la sceneggiatrice di Girls, la serie di HBO, tra le scrittrici di maggior successo ad oggi, è emersa qualche anno fa col film Tiny furniture . Da lì è stato tutto un crescendo che l’ha portata ad essere una delle autrici più rispettate a 28 anni.
Ora ha scritto un libro intitolato Not that kind of girl e per promuoverlo ha aperto un canale YouTube e creato un piccolo format in cui risponde alle lettere di lettori, fan, ammiratori o chiunque le voglia chiedere qualcosa. Come sempre avviene per “la posta del direttore” o “la posta del cuore” e via dicendo non c’è garanzia dell’autenticità delle lettere ma questo non importa perché non sono mai le domande a contare ma le risposte, quel che interessa non è mai la storia di chi chiede quando la risposta di chi è interpellato.
Il motivo per il quale vale la pena parlare di questo mini-show da 3-4 minuti che Lena Dunham ha messo in piedi con aperti intenti di promozione del proprio libro (che per l’appunto è un manualetto di piccoli saggi sull’essere donna senza dover andare incontro a quel che la società si aspetta da te) è che si tratta di una produzione per la rete da parte di una persona che sa scrivere, il talento che più manca a chi immette contenuti audiovisivi in rete. Non solo: Lena Dunham, prima di arrivare ai suoi primi lungometraggi, aveva girato pochi corti e ben due webserie, cioè è una professionista della scrittura che conosce benissimo la produzione per la rete.
La prima fu Tight shots nel 2007, fin da allora molto autobiografica e centrata sulle ossessioni degli artisti in erba (o presunti tali): la serie, come si faceva molto in quegli anni, non era andata originariamente su YouTube ma sul player di Nerve.com, che aveva contribuito alla produzione (cosa che denota una mentalità da professionista). La seconda invece era Downtown delusional divas , serie che prendeva il giro il mondo dei business di un nascente hipsterismo , con umorismo di grana grossa, più duro e cattivo, che la mise molto in luce.
Ora Ask Lena invece, come detto, è uno show di 3 minuti con una finta scenografia (bella idea), una intro, una sigletta e una chiusa sempre uguali. Lena Dunham non ha resistito dall’inserire un po’ di umorismo, qualche siparietto di finzione che introduce le lettere, è molto seria nel rispondere, si cala perfettamente nel ruolo della guru (come del resto deve fare per promuovere a dovere il libro) ma soprattutto ha una maniera di incrociare il linguaggio del vlogger con quello del talk show che è da manuale. La produzione appare semplicissima e il dialogo improvvisato, eppure è tutto il contrario, c’è una scrittura estremamente raffinata.
Lena Dunham ha dimostrato che online la scrittura di uno show deve tendere a mascherare se stessa, deve essere qualcosa che non si vede e dare un’impressione di spontaneità. I vlogger più volgari e banali, più ingenui e inesperti sono spontanei; una professionista la spontaneità la scrive.
Da noi gli esempi di show per la rete sono pochissimi e quei pochi ( #webshowawards ) sono molto simili a quelli televisivi. Solo Nonno Giò aveva fatto qualcosa di interessante e puramente internettesco , ma non è durato molto. In America invece, dove la tradizione è più forte, ne esistono tantissimi. Ask Lena è un esempio fantastico di come si possa fare qualcosa con poco sforzo ma molta cura, di leggero ma interessante al tempo stesso, che abbia una forza seriale e commerciale. Tutte caratteristiche da cui imparare.
ASK LENA 7: Big Bully
ASK LENA 10: Death
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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