La neo televisione a partire dagli anni ’90 ha insegnato come un medium audiovisivo possa riflettere su se stesso tramite le sue stesse immagini, come possa cioè cibarsi di sé stesso, alimentarsi con le sue stesse immagini che, rimescolate, rimontate e riproposte con un altro senso generano significati differenti. È l’idea dietro Every single word spoken by a person of colour , serie tra l’impressionante e l’esilarante curata da Dylan Marron sul suo canale YouTube a partire da giugno.
Con una media di 3-4 video a settimana, il canale mostra ogni volta tutte le battute pronunciate da un attore di colore all’interno di un dato film. Si tratta sempre di film molto grandi e molto famosi, prodotti hollywoodiani dalla massima risonanza, apprezzati oppure semplicemente molto pubblicizzati. Recentemente ha cominciato anche a prendere di mira classici del cinema d’intrattenimento. L’idea è sempre di mostrare film di indubitabile successo, opere famose e lodate, per mostrare quanto poco sia rappresentata l’etnia afroamericana e quanto il cinema in realtà lavi in bianco la complessità del mondo.
Visti insieme questi video da 40 secondi, 10 secondi o anche 11 secondi (è il minimo, quando non c’è nemmeno una battuta, come in Noah ) sono impressionanti: un intero film di più di due ore (spesso anche tre) ridotto a pochissimi secondi se si considerano solo le comparse di colore. Ovviamente Dylan Marron non si interessa di opere come The Help , 12 anni schiavo o tutti i film con un protagonista di colore o una storia che coinvolge per sua natura personaggi di colore, perché il punto non è quello, semmai è cercare di mostrare la complessità del mondo del cinema. Perché è proprio nelle storie che non comprendono protagonisti di colore o non sono ambientate nelle comunità afroamericane che questi dovrebbero essere comunque rappresentati, dovrebbe essere questa l’idea di complessità e diversità.
L’operazione di Every single word spoken by person of colour va nella direzione del rimontaggio, non è diversa dai video “Everything wrong with” che prendono un film e ne montano insieme le scene per dimostrare qualcosa. Si tratta comunque di una di quelle pratiche di selvaggio editing amatoriale finalizzata a scomporre, dilaniare e tagliuzzare un film per dimostrare altro, per usare le sue immagini in modo che dicano qualcosa di diverso, superiore e più vasto rispetto a quel che non farebbero altrimenti.
L’indizio significativo è che non sia il cinema a fare questo ma un altro mezzo, cioè che la rete prenda i contenuti pensati per un altro schermo e li faccia suoi per commentare la società. Internet in questo caso non mangia se stesso e la propria produzione ma si ciba di quel che fanno altri e usa quello che mangia per parlare non di quel mezzo ma dei medesimi utenti che guardano i suoi video. I video di Dylan Marron in poche parole non vogliono denigrare il cinema ma la medesima società che gira su YouTube, solo lo fa attraverso prodotti di grandissimo successo per dare più enfasi al proprio discorso.
Ad oggi i video della serie sono circa 33, tutti realizzati con il medesimo format e la medesima scansione, spesso poi Marron ricorre a piccoli espedienti comici come mostrare, oltre alle poche battute dei personaggi di colore, anche scene in cui non parlano ma sono picchiati. La cosa importante è che l’autore non interviene mai in voce, non fa il narratore fuoricampo, non si erge a intelligenza che commenta ma finge di lasciare che le immagini parlino da sé (in realtà non parlano da sole ma il suo montaggio gli fa dire quel che lui desidera).
EVERY SINGLE WORD SPOKEN BY A PERSON OF COLOR IN BIRDMAN
EVERY SINGLE WORD SPOKEN BY A PERSON OF COLOR IN THE FAULT IN OUR STARS
EVERY SINGLE WORD SPOKEN BY A PERSON OF COLOR IN MALEFICIENT
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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