Esiste una mitologia tutta particolare intorno alla metropolitana di Roma, fatta di paradossi (fermate mai utilizzate perché costruite con binari troppo stretti) e leggende metropolitane sulla possibilità, in un futuro sempre remoto, di estensioni oltre le uniche due linee esistenti (denominate con minimalismo anni ’70 come A e B). Sulla base di questa mitologia urbana nasce Next Stop , webserie prodotta e girata da InMediaRec , che racconta le segrete operazioni per la realizzazione di una impensabile metro D.
Le webserie, come quasi tutte le altre, è abbastanza mal recitata (specie dai comprimari) ma è anche contaminata da un umorismo strano che oscilla tra il banalmente puerile e il sorprendente.
Senza avere la forza devastante dei suoi colleghi più illustri, Next Stop vive però delle sue migliori intenzioni, ovvero dell’idea di prendere tutte le caratteristiche che la narrazione seriale per la rete ha sviluppato nel suo poco tempo di vita e cercare di raccontare la realtà.
Se il modello di Freaks! (la webserie nello specifico e tutti gli infiniti cloni che ha generato) ha il merito di fuggire i luoghi comuni e il perverso senso del dovere di film e fiction italiane, dando vita almeno in rete ad un ampio numero di storie più o meno riuscite, slegate dall’attualità e dal paese in cui sono prodotte, il modello di Lost in Google cerca di raccontare le interazioni, le dinamiche e l’umanità della rete (il sommerso che nessuno mette mai in scena), mentre il modello proposto da Next Stop prende questi modelli e li aggancia a fatti e idee reali. Almeno dovrebbe.
Nella webserie infatti ricorrono molti dei luoghi comuni e delle assurdità riguardo la metro romana, simbolo per estensione delle assurdità del paese. La storia è quella esile esile di un ragazzo lavorativamente instabile che viene “reclutato” per un progetto misterioso che si scopre essere la realizzazione della fantomatica metro D (quando ancora non esiste nemmeno la metro C). Lungi dall’essere un lavoro comunale, la realizzazione della linea in questione è condotta assecondando gli stilemi delle operazioni di spionaggio, con incursioni, violenza, addestramenti e intrighi internazionali. Di nuovo, idea interessante per raccontare l’imperscrutabilità dei meccanismi che portano all’arenarsi di idee e lavori di questo tipo, ma perseguita solo a tratti.
Purtroppo già al quarto episodio sembra che la sceneggiatura sia improvvisata di volta in volta, il cuore della serie pare perduto e i riferimenti al progetto della metropolitana, che dovrebbe essere il centro della storia, si fanno sparuti, come se fossero una fastidiosa forma di dovere sbrigata con lo spunto che dà il via alla puntata (i fondi da ottenere, i reperti che bloccano gli scavi ecc.).
Anche la comparsa nel quinto episodio di Diego Bianchi (simbolo nazionale dell’impegno politico con ironia in rete) nel ruolo del “signore dei tralicci” non è la trovata interessante che potrebbe sembrare ma suona come l’ennesima variazione di stile e tono in un racconto che non ha più una coerenza.
Next Stop, dunque, pur essendo partita con la più interessante delle premesse, in soli 5 episodi diventa la più improvvisata delle produzioni, un collage di tentativi di imitare scene di film o passaggi da serie televisiva. Senza successo.
Esempio perfetto di tutto questo sono i due videoclip inseriti con pochissima attinenza ai fatti narrati nella puntata 2 (girato sulla scia di “Somebody that you used to know” di Gotye) e nella 5.
La webserie ha concluso a dicembre la sua prima stagione, fatta di 5 episodi da circa 7 minuti l’uno (l’ultimo dura doppio), arrivando online senza una cadenza regolare quasi tutta concentrata nel mese di ottobre, e riscuotendo sul canale YouTube entusiasmo decrescente.
NEXT STOP EP. 0 – D-DAY
NEXT STOP EP. 5 – LA SOTTILE LINEA D
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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