Quello che è accaduto al collettivo ThePills dopo il successo della loro webserie del 2012 , caso più unico che raro nel nostro panorama di “fenomeno di internet che piace anche agli adulti”, è emblematico dello stato delle cose nel mondo del video per la rete italiano.
Avvicinati dalle realtà più importanti del panorama dei vecchi media, Luca Vecchi, Matteo Corradini e Luigi Di Capua sono stati presi in un vortice di popolarità e lavoro che li ha portati prima in diversi festival per l’Italia, poi, una volta finita la stagione su YouTube, a collaborare con la seconda stagione di Freaks e poi a scrivere condurre e girare un talk show su Deejay Television. Tutto in meno di 12 mesi.
Sballottati tra media diversi hanno cominciato a lavorare a quello che dovrebbe rimanere il loro core business, cioè la seconda stagione della webserie, solamente in tardissima primavera. Avendo trovato un produttore (la Ascent Film con la partecipazione di Fandango), quindi un finanziamento e comunque in cerca di uno sbocco ulteriore alla rete per i loro prodotti, sono stati ascoltati e ricevuti da tutti i principali player del mercato con poco successo.
Ricevuti anche da Pietro Valsecchi (produttore con la sua Taodue di Checco Zalone, Distretto di polizia, I soliti idioti e altri successi commerciali) che ha voluto contribuire alla produzione della serie e medita di portarli al cinema (ma dei produttori cinematografici non c’è di che fidarsi fino a che non c’è una firma), hanno infine trovato spazio su Italia Uno, l’unica rete televisiva che ha accettato di “condividere” il marchio ThePills con il Web: nessun altro era disposto a mandare in onda video inediti di un gruppo che contemporaneamente ne pubblicava anche altri online.
Dunque questa seconda stagione prodotta con 250mila euro (meno del budget con cui in televisione si fa un episodio di una qualsiasi fiction) la vedremo in parte online e in parte in televisione.
Ci sarebbe da chiedersi come mai un gruppo di buon successo come quello di ThePills cerchi uno spazio fuori dalla rete, se la risposta non fosse la più scontata: nel video per la rete in Italia non gira denaro.
Questione di numeri sviluppabili, di interesse, di investimenti o di competenza di chi deve investire, ma l’esperienza dei tre romani (che non si discosta da quella di altri youtuber di successo) è che per produrre qualcosa senza rimetterci e con l’idea di pensare un po’ più in grande (molte ore, molti episodi, più attori, più idee) bisogna trovare qualcuno disposto a pagare per distribuire, soggetti che al momento sono quasi solo le reti televisive.
Nessuno youtuber che sia affiliato a YouTube con il Partner Program, cioè il sistema per il quale raggiunta una certa massa di visualizzazioni è possibile condividere con il Tubo gli introiti dalle pubblicità visualizzate e quindi far soldi con i propri video, è autorizzato a divulgare i propri guadagni ma è noto che i numeri si aggirano intorno a 1 euro ogni 1000 visualizzazioni (anche se è vero che YouTube negozia un costo per visualizzazione diverso con ogni membro), dunque anche con 8 milioni di visualizzazioni, che è circa quanto hanno realizzato tutti gli episodi, i backstage e i tutorial della prima stagione di Freaks , non si fanno più di 8mila euro.
Totalmente insufficiente a pagare comparse, attrezzisti, operatori, location e via dicendo, per non dire poi gli autori stessi.
ThePills, dunque, con la forza del loro successo e la benevolenza dei canali generalisti italiani (molti non verrebbero nemmeno ricevuti) hanno ottenuto un compromesso, con una fatica incredibile sono riusciti a girare una seconda stagione senza cedere alla dittatura dei 20 minuti ad episodio (durata standard per l’inserimento in un palinsesto televisivo) e ora, al secondo episodio messo online, è evidente anche che non hanno ceduto un passo sul loro stile, il loro modo di girare, scrivere e interpretare.
C’è qualcun altro in Italia che scriva commedia con uno stile così lontano da tutto il resto dei “comici”, eppure così vicino agli esempi migliori che abbiamo avuto in materia? No. C’è qualcuno che interpreta così le maschere fisse, le regole del cinema e dei fumetti (vestiti quasi sempre uguali, oggetti che caratterizzano ogni personaggio, surrealismo, demenzialità e un montaggio regolarissimo che li pone a metà tra lo sketch e la strip story)? No. C’è spazio per questo tipo di creatività in tv? A fatica. C’è denaro per loro online? No.
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Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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