Se i contenuti professionali sono in crisi allora tocca riuscire a promuovere a professionali quei contenuti che fino a ieri erano amatoriali . Lo user generated content non è tutto uguale perché chi fa e distribuisce quei video non li fa con i medesimi intenti e le medesime aspirazioni. Nell’ufficio YouTube della sede di Google (che di UGC se ne intendono) lo sanno bene, ma anche i pirati della Baia non scherzano mentre ne sembrano un po’ meno coscienti Niklas Zennström e Janus Friis di Joost.
La vera notizia di questi giorni infatti non è tanto il passaggio di proprietà di The Pirate Bay (un sito, un marchio e un brand che sono morti già nel momento in cui hanno perso la causa milionaria e che nel loro morire non condannano il movimento pirata in sé) o la resa incondizionata di Joost, che ora fornirà tecnologia alle aziende, quanto il fatto che l’avventura di TheVideoBay continuerà. Annunciata due anni fa e ora confermata (e indirettamente rilanciata) dalla cessione del sito una volta madre, l’idea dei pirati della Baia dovrebbe diventare realtà concreta in poco meno di 5 anni. Sebbene nelle sue promesse TheVideoBay sembri pronto a scendere sul terreno di imprese come Hulu più che di altre come YouTube, il solo annuncio (dato per bene, con tanto di specifiche tecniche dei formati e delle tecnologie che saranno adottate) stimola la concorrenza, crea tendenza e smuove il mercato. L’abbiamo visto accadere più volte: un prodotto viene annunciato come in lavorazione e la sola idea ad esso collegata, sommata al nome prestigioso di chi lo metterà sul mercato, stimolano la concorrenza e quindi preparano il terreno al prodotto stesso.
Il video in rete è in crisi, lo si è detto e raccontato , è arrivato il momento in cui la maggior parte delle imprese ad esso correlato moriranno, dimostrandosi inadeguate, mentre la minor (e miglior) parte sopravviverà, indicando la strada per il futuro. Ma intanto qualcosa lo si capisce già ora. Ora che TheVideoBay viene annunciato e che YouTube (e non solo) mette in campo alcune idee di taglio differente rispetto al passato.
Il sito di videosharing di Google infatti da tempo le sta tentando tutte per non perdere contatto con il mondo del business . Gli accordi con Lionsgate, CBS e MGM per la pubblicazione di contenuti originali, il nuovo sistema di filtri, le pubblicità in sovrimpressione e poi YouTube ShowRoom, YouTube Live, YouTube XL e tante altre iniziative di dubbio successo sono indicative della volontà di perseguire il contenuto professionale e di monetizzare a parte il contenuto che viene dal basso.
Ma quello che è accaduto in realtà è stato qualcos’altro. Le grandi compagnie sono sempre più restie a concedere i propri contenuti a siti terzi poiché la pubblicità da sola non rende, controllano poco il loro materiale e non riescono a fare “business parallelo”. Pubblicando i contenuti sui loro portali (che ormai tutti quanti hanno messo in piedi) possono utilizzarli per forme di guadagno anche diverse dalla semplice pubblicità (che comunque c’è) e più relative al fare comunità, a promuovere contenuti simili e a monitorare l’andamento dell’audience che magari si muove all’interno del sito.
Questa fuga dal videosharing unita alla crisi dei contenuti originali professionali porta all’emergere di quel sottobosco di prodotti amatoriali di livello più alto. Le vlog star ma anche i contributori più anonimi che vivono il successo per una sola stagione (o un solo video).
Dunque seguendo l’esempio di Google News e utilizzando la stessa divisione che aggrega notizie, ora YouTube invita tutti i siti d’informazione a diventare partner di YouTube. Si tratta di utilizzare il player del sito di Google e accettare che i contenuti che pubblicano possano essere aggregati da YouTube sull’apposita sezione alla stessa maniera con cui fa Google News. Video che vengono da siti professionali ma anche no.
A questo si aggiunge il Reporter’s Center , un nuovo canale aperto pochi giorni fa che raccoglie video nuovi ma anche vecchi di quasi un anno tutti accomunati dal fatto di essere in un modo o nell’altro tutorial che insegnano come fare informazione in video online. Ci sono consigli pratici, guide ma anche pareri e interviste a personalità di spicco. Dunque un’iniziativa per migliorare il livello dei video amatoriali e non per ghettizzarli e monetizzare solo quelli prodotti professionalmente.
Esistono nuovi strumenti che sono alla portata di tutti sia per convenienza economica che per facilità d’uso e di reperibilità, e se tutti possono “fare” manca solo il “saper fare”. Lo stesso concetto alla base dell’idea di quelli di FilmRiot , i quali (senza alcuna affiliazione a YouTube) realizzano tutorial con una parte di entertainment che spiegano i segreti della postproduzione video. Non solo come usare programmi come Premiere, Final Cut o After Effects attraverso casi pratici, ma anche consigli su come girare le scene sul “set” per facilitare e migliorare il lavoro di postproduzione.
Si tratta di idee utili a creare una comunità di videomaker migliori, che alza il livello medio di coloro i quali producono amatorialmente ma con qualche aspirazione in più e quindi con qualche possibilità in più di risultare interessante per altri. Altri che possono usare YouTube per aggregare e consultare quei contenuti.
REPORTER’S CENTER – COME CONDURRE UNA BUONA INTERVISTA
REPORTER’S CENTER – COME RACCONTARE BENE UNA STORIA
REPORTER’S CENTER – COME CONTROLLARE I FATTI
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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