La serialità televisiva, in questi anni di grande espansione sia qualitativa che quantitativa, ha cominciato ad esplorare molti diversi possibili scenari, personaggi e storie che non siano le classiche ambientazioni di provato successo e facile replicabilità (stazioni di polizia, ospedali, interni familiari) raccontando così mondi prima mai esplorati. Per motivi diversi lo stesso ha fatto la rete.
In rete l’ampliarsi dei possibili contesti in cui ambientare storie ad alto tasso di mistero non nasce dall’esigenza commerciale di offrire un prodotto che sappia di nuovo, che sia diverso e che abbia un appeal particolare per un pubblico che ha dimostrato di essere attento al poco convenzionale, nasce semmai dal fatto che chi produce non è lontano da cosa viene messo in scena e da chi guarda. Ognuno racconta la propria storia, il proprio mondo e i propri pari.
Perfetto ed estremo esempio di questa tendenza è Chopper , webserie che nasce da una miniserie a fumetti e, a partire da un titolo particolarmente azzeccato (per come identifica subito un universo di senso e gioca con una parola che indica un tipo di moto e i “pezzi grossi” tagliati da qualcosa), racconta di omicidi nel mondo del metal, ovvero in quell’universo di biker, tatuatori, stripper e metallari vari che vive intorno alla musica.
La serie dichiara da subito la propria ispirazione, ovvero il mito di Sleepy Hollow, il cavaliere senza testa che fa giustizia decapitando chi lo merita, ma in essa chiaramente il cavaliere senza testa è un biker tatuato senza testa e la colonna sonora potete immaginare di che genere sia.
Il buono è che tutto funziona in armonia e una regia inusualmente calma e tranquilla aiuta a rendere chiara una trama che di episodio in episodio salta avanti e indietro con gli anni, per raccontare in maniera decostruita di un gruppo di persone, massacrate una per una.
Lo svolgimento non è troppo diverso da altri racconti di serial killing, quel che fa la differenza è la maniera in cui il mondo raccontato è visto e vissuto da dentro. Oltre alla presenza di volti noti all’interno della comunità (come Tyler Mane che è stato Mike Myers nei due film di Halloween firmati da Rob Zombie, un altro eletto del mondo metal) sono gli ambienti, i volti e i (non) attori a fare la differenza, facce e luoghi che trasudano cultura metal.
A differenza di altri esperimenti più ripuliti (ma non per questo meno belli) come Sons of Anarchy , Chopper è il rovescio della medaglia, più gretto, molto meno sofisticato e meno stratificato ma decisamente più ad altezza uomo. Chopper non è una ricostruzione di quegli ambienti, è quel mondo, quei valori e quel senso, dunque quel che cede in stratificazione narrativa e fattura lo guadagna in fedeltà all’universo raccontato.
Ecco perché una webserie di nicchia e non particolarmente pubblicizzata (per quanto sponsorizzata da Rockstar Energy Drink Mahyem Fest, il festival che offre anche la location a molte scene, e Sullen Clothing) è stata in grado di radunare un uditorio di centinaia di migliaia di utenti. Così ampio da meritarsi, a quanto pare, un clamoroso passaggio al cinema (o quantomeno un progetto in materia).
Cosa si perderà, cosa si guadagnerà e cosa verrà cambiata nel passaggio da monitor a grande schermo segnerà la distanza tra i due approcci, i due mondi e i due pubblici: uno, infinito e grandissimo, che è quello di tutti i metallari del mondo, l’altro più limitato e segmentato verso l’alto del cinema.
CHOPPER – SLICE 1
CHOPPER – SLICE 2
CHOPPER – SLICE 3
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
I precedenti scenari di G.N. sono disponibili a questo indirizzo