Le serie televisive raccontano il nostro presente, spesso attraverso il passato. Le webserie raccontano il presente tramite il presente, un po’ per budget (non si ricostrusce un’epoca se non con un buon stanziamento di fondi), un po’ per target (comunque la si voglia trattare si parla di materia più raffinata della media) e infine per capacità.
È quindi già una scelta coraggiosa quella di Monica, webserie ambientata nel 2000, che parte da uno spunto che poteva vedere la luce nei canali televisivi più audaci: la vita di Monica Lewinsky un anno e mezzo dopo lo scandalo, quando si trasferì a New York tentando di “ricominciare”.
Gli autori sono Doron Max Hagay e Lily Marotta e già dal posizionamento su Vimeo invece che sul più classico YouTube intendono dare un altro afflato a quella che definiscono “una miniserie”. Le 6 puntate di Monica dunque si comportano e ambiscono ad essere l’equivalente di una ricostruzione HBO, ovviamente non lo possono essere per evidenti limiti, ma quello che mettono in piedi è molto interessante lo stesso.
La maniera in cui cercano di guardare la storia privata di Monica Lewinsky dopo lo scandalo è infatti molto lontana dalla maniera in cui lo stesso intento avrebbe trovato sbocco sugli altri media.
Mentre il cinema avrebbe fatto un ritratto completo, a tutto tondo, indugiando molto sul lato pubblico, e una miniserie per la televisione avrebbe scelto la strada dell’intimità, la webserie va ancora più in piccolo, come se al ridursi dello schermo si riducesse anche la lente sull’essere umano. La Lewinsky di Monica è una ragazza di circa 26 anni che va a vivere da sola a New York, non diversa dalle molte altre protagoniste di serie “urbane”. Anche la scansione narrativa passa da meeting d’ufficio a incontri con amici fino a sessioni di yoga, assecondando il format più comune per le webserie, quello dei roommate o dei provinciali in una grande città.
Monica non è quindi il contenuto giusto nel mezzo sbagliato ma una webserie perfettamente in linea con il genere più praticato online, prende la vita della protagonista e cerca di metterne in scena la parte più a dimensione di webserie, trovando così in lei (o nella proiezione di lei) la parte più vicina allo spettatore. L’obiettivo ovviamente non è sapere cosa sia accaduto alla vera Monica Lewinsky (non c’è nessuna pretesa di fedeltà ai veri fatti) quanto usare un nome molto noto, sfruttare luoghi comuni, consuetudini e topoi della webserialità per raccontare la coda lunga e gli effetti del massacro mediatico umano e intellettuale su una poco più che ventenne al centro di un affare di rilevanza mondiale.
È infine molto bella la scelta di far interpretare Monica Lewinsky a Lily Marotta, attrice solo vagamente somigliante alla vera Monica, che ne riprende le fattezze non migliorandole come capita sempre in televisione o al cinema. Lily Marotta rende il personaggio ancora più ordinario, non speciale, banale e quotidiano. Come sempre le webserie non elevano i propri protagonisti ma li abbassano al livello minimo possibile per indagarli alla stessa altezza dello spettatore, non cercano l’epica o la mitologia ma la quotidianità e l’ordinarietà per comporre le loro storie in quel brodo.
MONICA PART 1
Gabriele Niola
Il blog di G.N.
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